Il futuro è la famiglia

di Benedetto Ippolito, 4 luglio 2013

In preparazione della 47° Settimana sociale dei cattolici italiani la chiesa italiana ha pubblicato un documento importante (leggi il testo), che costituirà, in un certo modo, l’ossatura dei lavori che saranno svolti a Torino dal 12 al 15 settembre. Il titolo è esemplificativo della posta in gioco, non riguardante soltanto i valori fondamentali dell’essere umano, ma i principi costituitivi che dovranno ispirare la nuova evangelizzazione cristiana dell’Europa. In analogia con i molti pronunciamenti che la Cei ha fatto in precedenza, l’Italia ha un privilegio e una responsabilità prioritaria e del tutto particolare.

Famiglia, tema strategico
Un primo punto rilevante del Documento è contenuto già nella presentazione dell’arcivescovo di Cagliari e presidente del comitato scientifico organizzatore dell’evento di settembre, monsignor Arrigo Miglio. Egli osserva quanto il tema della famiglia sia strategico per comprendere la sfida che i cattolici, soprattutto laici, dovranno assumere nei prossimi anni. È necessario, a tal fine, spostare l’asse valoriale della famiglia dalle enunciazioni teoriche, che la gerarchia giustamente fa sempre a proposito dei valori fondamentali, ai laici che per definizione sono chiamati a viverne concretamente le responsabilità con virtù eroiche e comportamenti conseguenti.

Contenuti del documento sulla famiglia
Il Documento, titolato opportunamente “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, ha, anche solo per questo, un peso e una rilevanza ragguardevole. Il materiale è suddiviso in tre parti, corrispondenti ai tre livelli in cui deve essere inquadrato correttamente oggi il tema della famiglia. Il primo step osserva l’ontologia della persona e il modo che assume all’interno dell’ordine sociale l’insieme affettivo delle relazioni familiari. Potremmo dire che questo segmento iniziale disegna la determinazione della famiglia a livello del “diritto naturale”, ossia della descrizione antropologica del modo d’essere reale dell’uomo. Il secondo livello chiama in causa, invece, più direttamente l’essenza della famiglia come soggetto unitario nel quale il bene comune trova il suo coronamento e la sua realizzazione. Il terzo e conclusivo si concentra infine sulla missione e la prospettiva espansiva che la famiglia può e deve guadagnare nel contesto contemporaneo.

Le basi antropologiche
È chiaro, e questo è un primo rilievo da fare, che tutti i risultati propulsivi che possono essere traguardati si reggono unicamente sul consolidamento forte dei presupposti introduttivi, senza i quali l’edificio d'insieme perde forza ed efficacia. La filosofia di fondo è che un’integrale riscoperta del valore della famiglia richiede una considerazione corretta dell’essere umano, per mezzo di un’elaborazione culturale e pratica coerente. Quest’ultimo aspetto è purtroppo continuamente contestato dalla mentalità contemporanea, quasi sempre incapace di riconoscere il vero dato naturale che definisce l’uomo, e, conseguentemente, non in grado di proporre una cultura autenticamente cristiana, sorretta appunto dai presupposti generali che definiscono la persona come tale. In sintesi, soltanto quando si conosce la vera essenza dell’uomo, è possibile poi dare alla famiglia il ruolo intellettuale e culturale che gli compete, riconoscendola capace di riassumere il valore e la rilevanza socio-politica di qualsiasi comunità. Senza cultura la famiglia è sola, e senza “natura umana” la famiglia non esiste. La collaborazione di questi due livelli impone, per l’appunto, un apostolato cristiano del diritto naturale, divenuto oggi urgente anche per i non cristiani, essendo motore ultimo del bene comune di tutti i cittadini.

Differenza sessuale e relazione matrimoniale
Un sensibile passo in avanti in tal senso è legato alla comprensione corretta della differenza sessuale, vero perno specifico ed elemento costitutivo della relazione matrimoniale e familiare. L’amore tra un uomo e una donna genera comunità. Ma può generare comunità solo se la declinazione maschile e femminile è riconosciuta come un dato di partenza e non come una conseguenza di scelte più o meno arbitrarie. Adriano Bausola osservava acutamente che l’idea di natura umana è il punto d’incontro tra la visione teologica creazionista e quella scientifica moderna, concentrata maggiormente sull’ordine autonomo del creato. In parole semplici, analogamente a quanto avviene in tutte le altre specie animali, la differenza sessuale è il presupposto iniziale della vita biologica che legittima, stimola e muove progressivamente all’amore e all’impegno generoso di una persona verso Dio e verso il prossimo.
Disperdere il carattere sessuato della persona significa mettere in crisi l’antropologia, facendo perdere all’idea stessa di natura umana la sua reale ricchezza, impedendo così di poter pensare, prima ancora che di poter vivere, l’amore coniugale. Senza amore coniugale, d’altronde, non è possibile giungere alla famiglia come soggetto unitario e produttivo di nuova vita, generando l’attuale cultura nichilista e relativista.
Il Documento osserva bene che l’esperienza contemporanea è frammentaria, dissolvendo e sfumando i contorni ordinati della persona e smarrendo così le condizioni ontologiche che rendono possibile il lavoro e l’impegno personale nel capire e desiderare in modo ragionevole quella che Aristotele chiamava una “vita buona”, ossia una “vita felice”, che coincide normalmente con la “vita di famiglia”.

Natura e libertà
Eccoci giunti così gradualmente alla seconda parte dello scritto, incentrata sulla soggettività familiare vera e propria. Velatamente si consuma qui un passaggio di straordinaria importanza. Mentre, infatti, all’inizio della trattazione le caratteristiche che difendono la peculiarità dell’amore uomo-donna sono iscritte nello Jus naturale, ossia in ciò che l’essere umano è per natura, ecco che adesso protagonista diviene la libertà, ossia l’impegno responsabile e continuato che ciascuno degli sposi e dei figli deve assumere ordinatamente all’interno dell’unità sostanziale del soggetto familiare. Talvolta questo rapporto tra natura e libertà è presentato come un salto, come una specie di rivoluzione, alla fine difficile da concepire e intraprendere. In realtà, invece, la peculiarità della persona umana, anche rispetto ad altre individualità presenti nel mondo animale, anch’esse caratterizzate dalla differenza sessuale e dall’accoppiamento generativo, è proprio la libertà soggettiva della persona, l’autodeterminazione dell’individualità. Sembra un paradosso, ma la libertà nell’uomo è anch’essa un elemento naturale e universale, un diritto originario che spinge la soggettività di ciascuno a desiderare in modo autonomo la propria felicità comunitaria. L’uomo, difatti, è un essere singolare che ha la vocazione naturale alla libertà condivisa, ed è chiamato per definizione a essere causa di se stesso insieme con gli altri.

Libertà e amore
Per capire questo movimento verso l’altro della persona individuale è utile ripensare a quanto Tommaso d’Aquino espone nella Summa theologica, con parole insuperate per lucidità e chiarezza: “Si definisce naturale nell’uomo quanto esprime un’inclinazione naturale ma è realizzato solo attraverso l’esercizio della libertà”.
Ciò significa che quello che siamo per natura ci inclina verso l’amore autentico; ma l’amore autentico non può essere nel genere umano se non il risultato di una scelta libera e consapevole della singola persona che si rinnova ogni volta, ogni giorno e ogni momento, di continuo, a livello personale. Solo attraverso l’esercizio nel tempo della fedeltà e la pratica perseverante dell’impegno, un uomo e una donna possono corrispondersi per sempre l’amore e attuare il superamento della propria individualità in un soggetto unitario che corrisponde alla famiglia come totalità associativa. L’unità relazionale raggiunta è così di per sé educativa e di per sé culturale, marcando appunto il carattere inconfondibile del matrimonio come cellula portante dell’organismo sociale.

Amore e responsabilità
In questo senso, come il Documento afferma nella sua terza e conclusiva parte, è una responsabilità reciproca dei coniugi non soltanto, come notava Benedetto XVI, assumere l’irreversibilità dell’atto coniugale, ma vivere la forma laica della vocazione naturale alla famiglia in modo integralmente cristiano, rendendo completa quell’uscita da se stessi, dal proprio egoismo, cui ha richiamato Papa Francesco, trasmettendo dai coniugi ai figli i motivi soprannaturali dell’amore generoso e creativo che lega tra loro i congiunti nella fede.
La famiglia, dunque, è missione laica verso il bene comune e verso la Chiesa, una vocazione che ha come risultato il realizzare pienamente la felicità libera delle persone che la compongono, attraverso l’attuazione dell’inclinazione naturale all’affettività che rende possibile l’educazione dei giovani e il passaggio etico di un patrimonio pratico di esperienze dal naturale al soprannaturale, e viceversa.

Politiche a favore della famiglia
Perciò il fine della famiglia è talmente importante che il suo riconoscimento soggettivo richiede politiche fiscali di welfare che permettano realmente di renderne possibile l’attuazione, e, attraverso essa, la promozione effettiva del bene comune. D’altronde, senza famiglia non è possibile neanche una seria cultura del risparmio, e dunque una vera ecologia, con la conseguente protezione tangibile e sostenibile delle risorse naturali del creato, ormai divenute un insieme di risorse materiali planetarie da gestire per la sopravvivenza dell’intero genere umano.