Paradosso nordico: dove c’è meno gender gap c’è più violenza sulle donne

di Francesco D'Ugo, 2 luglio 2021

I paesi "più felici" del mondo sembrano essere anche quelli dove c'è più violenza sulle donne.

Secondo il World Economic Forum (WEF) nel suo Global Gender Gap Report 2017, studio sulla disparità di genere, Islanda, Norvegia e Finlandia sono ai primi tre posti nel mondo per parità di genere secondo quattro criteri: economia, salute, istruzione e rappresentanza politica. Al quinto posto di questa classifica troviamo la Svezia, mentre la Danimarca si attesta al quattordicesimo (l’Italia, invece, è in ottantaduesima posizione).

Allo stesso tempo, però, uno studio pubblicato su Social Science & Medicine da Enrique Gracia, professore di psicologia sociale all’Università di Valencia, e Juan Merlo, docente di epidemiologia sociale all’Università di Lund, dice tutto il contrario su questi paesi: il 30% delle donne che ci vivono, in media, ha subito violenza domestica. Nello specifico il 32% erano in Danimarca, il 30% in Finlandia, il 28% in Svezia, il 26,8% in Norvegia e il 22% in Islanda, quando la media nei paesi UE è del 22%. Si tratta di quello che è chiamato da molti il “paradosso nordico”.

Ma come mai esiste questo paradosso nordico? Le ipotesi che sono state avanzate sono diverse, prima fra tutte quella per cui in questi paesi sia ancora molto radicata una cultura maschilista. Ci si può rendere conto di ciò nel fatto che lì, ad esempio, lavori che richiedono leadership siano considerati solo maschili, o anche nel fatto che, nonostante ne abbiano avuto la possibilità, la maggior parte dei padri svedesi tra gli anni Settanta e i Novanta non abbia usato i congedi di paternità che gli spettavano perché ritenevano di non essere visti come uomini veri. 

Un’ipotesi da scartare parlando di paradosso nordico è, invece, quella che riflette uno stereotipo per il quale nei paesi nordici, considerati più emancipati, le denunce di violenza siano di più rispetto a paesi del sud dell’Europa, che, al contrario, sarebbero machisti e più arretrati da questo punto di vista. Ma, Gracia e Merlo nel loro studio smontano questo stereotipo osservando che, in realtà, i tassi di violenza rilevati in Nord Europa non sono accompagnati da altrettante denunce. 

L’ipotesi di Gracia e Merlo è piuttosto la seguente: è fuorviante ritenere numeri e statistiche gli unici indicatori affidabili per stabilire il livello di uguaglianza di genere in un paese. Il rischio, infatti, è che si sviluppino dei bias per i quali, da una parte, ci troviamo ad avere paesi in posizioni di “alta classifica” per quanto riguarda la parità di genere e, dall’altra, cittadini le cui condizioni di vita sono totalmente diverse rispetto all’immagine restituita dalle suddette classifiche.

Nei paesi nordici, allora, il paradosso potrebbe essere motivato dal fatto che le alte posizioni nelle classifiche di parità siano state guadagnate grazie a leggi e, più in generale, a interventi statali “dall’alto”, che in realtà si dimostrano insufficienti e miopi, contribuendo a creare un’idea sbagliata della situazione del paese.

La questione della violenza sulle donne è un argomento più complesso che trova radici nel retroterra culturale dei luoghi in cui è diffusa. Per questo, oltre agli interventi statali, è necessario studiare tutti i fattori che possono influire per poter intraprendere iniziative più mirate.


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