Cinquanta lesbiche italiane hanno promosso un documento (qui il testo completo) contro l'utero in affitto. Si tratta della prima durissima presa di posizione da parte di donne omosessuali italiane. Non si tratta però della prima presa di posizione a livello europeo.
Già l'anno scorso una coalizione di associazioni femministe di tutta Europa, tra cui anche sigle di associazioni di lesbiche, aveva pubblicato un documento in cui elencavano tutte le obiezioni contro questa pratica. Anche il parlamento europeo si era detto contrario alla maternità surrogata il 17 dicembre 2015, all’interno del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo.
I promotori del documento l'hanno definito come "non proibizionista, ma contrario agli scambi di denaro per comprare e vendere esseri umani".
In nome dell’autodeterminazione delle donne e dei diritti dei neonati, le cinquanta firmatarie dell'appello "rifiutano la mercificazione delle capacità riproduttive delle donne". "Rifiutano la mercificazione dei bambini". "Chiedono a tutti i Paesi di mantenere la norma di elementare buon senso per cui la madre legale è colei che ha partorito, e non la firmataria di un contratto, né l’origine dell’ovocita". "Chiedono a tutti i Paesi di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale, abolendo le (poche) leggi che l’hanno introdotta".
"È un tema su cui si discute da molto - spiega Daniela Danna, tra le promotrici dell'iniziativa - abbiamo cominciato a raccogliere firme prima dell'estate. Il dibattito italiano sta volgendo a regolamenti come protezione dallo sfruttamento, ma questa è una illusione". "Chi sostiene la gpa parla di un dono da parte della donna 'portatrice della gravidanza'. Ma è un 'dono' che ha un costo in Canada e California fino a 100mila euro, 30-40mila se si contatta la donna direttamente senza intermediazioni".
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