La povertà in Italia è ai massimi storici. La ripresa dell'Italia post Covid ha lasciato indietro un italiano su dieci, soprattutto al sud, e crescono le probabilità per chi ha una famiglia numerosa di non arrivare a fine mese.
Come da tradizione, il 17 ottobre, giornata internazionale di lotta alla povertà, Caritas Italiana ha presentato il suo 21° rapporto sulla povertà e sull'esclusione sociale dal titolo “Anello debole”, i cui dati sono stati riportati anche su Repubblica e Avvenire. Dal rapporto emerge che in Italia esistono tante tipologie di povertà, acuite dagli effetti della pandemia e dalle ripercussioni della guerra in Ucraina.
Nel 2021 il nostro Paese è arrivato a contare 1 milione 960 mila famiglie in povertà assoluta, pari a 5.571.000 persone, che sono il 9,4% della popolazione residente. L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10%) mentre scende significativamente nel Nord-Ovest (6,7% da 7,9%). Un italiano su quattro (15 milioni) rischia di diventare povero e la povertà è persistente: cresce dalla grande crisi finanziaria globale del 2008, incrudelita con la pandemia nel 2020, in salita pure nel 2021 e ora a forte rischio di esplosione per effetto dell'alta inflazione e delle super bollette.
I livelli di povertà sono ancora una volta inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta al 14,2% fra i minori, ovvero quasi 1,4 milioni di bambini e ragazzi, scende all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni e all’11,1% per la classe 35-64 anni, mentre scende al 5,3% per gli over 65. I giovani sono colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio”, alla povertà educativa, che porta solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore a ottenere un diploma universitario.
Gli immigrati tornano ad essere la maggioranza degli assistiti dalle Caritas parrocchiali, le quali hanno ricevuto quasi l’8% in più di richieste di aiuto nel 2021. Uomini e donne sono la metà esatta degli assistiti mentre l’età media è quasi di 46 anni. È cresciuta rispetto al 2020 l’incidenza degli stranieri: sono il 55% a livello nazionale con punte del 65,7% e del 61,2% nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, dove la presenza degli immigrati è superiore e la vita è più cara. Nel Sud e nelle Isole prevalgono gli assistiti italiani, rispettivamente il 68,3% e il 74,2% dell’utenza.
La rete Caritas ha erogato nel 2021 quasi un milione e mezzo di interventi. Tre quarti degli aiuti riguardavano la spesa alimentare e circa il 5% sussidi economici per il pagamento di affitti e bollette. Quest'anno la situazione è destinata a diventare molto più difficile a causa dei rincari. Nonostante l'anno 2022 sia ancora in corso, da gennaio a ottobre il numero delle persone seguite da Caritas ha superato il totale di quelle aiutate durante l'intero 2019. Se nel 2021 le persone supportate dai centri Caritas sono aumentate del 7,7% rispetto al 2020 (pari a 228 mila in 192 diocesi e 2.797 centri, erogando quasi 15 milioni di euro in varie forme di intervento), il confronto con l'anno precedente alla pandemia è disarmante: +18,7%. Se poi nel 2020 i nuovi poveri - una fetta sempre molto ampia degli utenti Caritas pari al 42% - crescevano soprattutto al Nord più colpito dalla pandemia in un primo tempo, nel 2021 crescono soprattutto al Sud.
Nell'80% dei casi si tratta di povertà economica, seguono i problemi con il lavoro, la casa, la salute. Sette famiglie povere su dieci hanno figli piccoli. Metà delle persone che si rivolgono alla Caritas cercano una prima o nuova occupazione, ma un quarto di loro hanno un lavoro povero che non è sufficiente per sopravvivere. Preoccupa anche la "fluidità" di quanti oscillano dentro e fuori lo stato di bisogno: famiglie che anche nelle fasi più favorevoli si collocano appena sopra la soglia di povertà e poi ci ricadono.
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