La partecipazione di donne trans negli sport femminili

di Tommaso Cardinale, 13 maggio 2021

Abbiamo visto come la questione della disforia di genere, a prescindere dal giudizio etico di ciascuno possa presentare dei problemi pratici oggettivi, come quello degli spazi condivisi (dagli spogliatoi alle prigioni).

Recentemente sono sempre più le leghe sportive, soprattutto negli Stati Uniti, chiamate in causa per decidere se ammettere o meno la partecipazione di donne trans negli sport femminili.

Alla fine del 2020 la lega internazionale di Rugby ha pubblicato un comunicato per mettere a tema la questione della disparità fisica tra atlete transessuali e donne

le nuove linee guida raccomandano che le donne transessuali non giochino nel rugby femminile a livello internazionale, per ragioni di sicurezza, dato che costituzione, resistenza, potenza e velocità sono determinanti sia per il rischio che per la performance, ma non precludono una certa flessibilità per le leghe nazionali.

Anche in altre parti del comunicato la lega internazionale di Rugby non ha escluso la possibilità futura di partecipazione di donne trans negli sport femminili, pubblicando gli studi che spiegano in maniera precisa la disparità fisica media tra atlete transessuali e atlete originariamente donne.

Questa presa di posizione ha fatto scoppiare una polemica internazionale sul tema delle donne transessuali negli sport femminili: i sostenitori dell’apertura spiegano come la transizione porti con il tempo a una diminuzione del testosterone e delle caratteristiche fisiche più mascoline (questione che non viene negata dalla lega di rugby ma che è messa in studio proprio per ragioni di sicurezza).

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il 20 gennaio 2021 ha emanato un Ordine esecutivo per prevenire e combattere la discriminazione sulla base di identità di genere o dell’orientamento sessuale, nel quale però non si affronta direttamente il problema dello sport, se non nella premessa generale:

I bambini dovrebbero essere in grado di imparare, senza preoccuparsi se verrà loro negato l'accesso al bagno, allo spogliatoio o agli sport scolastici. 

Questo Ordine ha avuto come effetto immediato quello di un restringimento della possibilità di partecipazione di donne transessuali in competizioni femminili, perché molte leghe negli Stati Uniti hanno deciso di esplicitare le linee guida soprattutto come tutela della donna.

La questione della differenza fisica biologica tra uomini e donne ha sicuramente dei casi illustri come quello di Serena Williams, che nel 1998 sfidò un tennista di una categoria molto più modesta della sua (nel tennis maschile) e fu sonoramente sconfitta. In tempi più recenti ma sicuramente diversi dalla contemporaneità ci fu il caso di Fallon Fox (nella foto di copertina di questo articolo), prima atleta apertamente trans di MMA (Mixed Martial Arts), che spaccò il cranio a una sua avversaria

La questione è sicuramente delicata ma sembra che la letteratura scientifica sia più in favore di una chiusura degli sport femminili rispetto a un’apertura ad atleti trans, mentre dal punto di vista politico e organizzativo si tende a tutelare i diritti delle donne a partecipare a competizioni eque e sicure.

Rimane ai margini della discussione, anche se potrebbe essere invece terreno di una rivoluzione culturale, la questione degli sport meno fisici come gli scacchi, disciplina che da un secolo è ancora divisa tra maschi e femmine al livello internazionale e olimpionico ma nel quale la partecipazione di atleti e atlete insieme, che siano o meno transessuali, non rappresenterebbe alcun problema pratico. Sempre guardando agli scacchi si potrebbe trarre ispirazione dai tornei open: in questi tornei possono competere sia uomini che donne.

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