Ddl Zan: tutto quello che c'è da sapere sulle sue conseguenze e sul concordato | documentazione.info

Ddl Zan: tutto quello che c'è da sapere sulle sue conseguenze e sul concordato

di redazione, 22 giugno 2021

In queste ore è esplosa una polemica infuocata dopo che la segreteria di Stato Vaticano ha fatto notare che alcuni elementi del cosiddetto ddl Zan violerebbero  un certo numero di punti precisi del concordato tra Repubblica Italiana e Santa Sede. Visto che la polemica che ne è nata si è immediatamente polarizzata con posizioni che vanno da "allora aboliamo il concordato e anche il Vaticano" a "nessuna ingerenza di uno stato straniero" a "potrebbero in effetti esserci dei problemi in punta di diritto", abbiamo deciso di raccogliere insieme in un unico articolo tutti gli aspetti di questo disegno di legge che ci sembrano disfunzionali.

L'IDEA DI FONDO SI E' ALLARGATA A DISMISURA
L'idea più che condivisibile di perseguire chi commette violenza fisica nei confronti degli omosessuali, trans etc. solo per il loro orientamento sessuale è diventata molto più vaga e molto più vasta. Si è passati dal voler combattere la violenza fisica a  voler eliminare qualunque forma di discriminazione e odio anche solo percepita. In un contesto, come quello della comunità LGBTQ+, in cui praticamente qualunque affermazione contraria al loro programma culturale è considerata una affermazione omotransfobica.

Per esempio essere contrari all'utero in affitto, che in Italia è una pratica illegale, è considerato dalla maggior parte della comunità LGBTQ+ una affermazione omotransfobica (per questo le lesbiche che lo dicono vengono ghettizzate o fisicamente allontanate dai loro centri di aggregazione). Il tutto condito dalla giornata nazionale di sensibilizzazione che sembra più una giornata nazionale di celebrazione stile "pride" che di sensibilizzazione.

POCO UTILE
Sebbene i proponenti del DDL Zan sostengano che intendono semplicemente tutelare le persone omosessuali e transessuali dalla violenza e dalla discriminazione, il DDL è sostanzialmente inutile perchè le persone omosessuali e transessuali sono già tutelate dalla violenza e da altri atti lesivi, al pari di qualsiasi altro cittadino. Prevedere aggravanti o reati speciali di carattere omotransfobico rischia di trasformare le persone omosessuali e transessuali in una "categoria protetta e privilegiata" in violazione del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.). Inoltre non si capisce perché a quel punto non si debba creare una nomenclatura molto più estesa di categorie protette che vengono costantemente discriminate e sono oggeto di odio sin dalla tenera età ma che non sono attualmente escluse dalla legge Mancino.

NESSUNA EMERGENZA
In Italia non vi è una "emergenza omotransfobia": le più ampie ricerche della Fundamental Rights Agency dell’Unione Europea (2014, 2020) collocano l’Italia tra i paesi più sicuri d’Europa per quanto riguarda concreti episodi di violenza, minaccia e discriminazione; anche dai dati ufficiali dell’OSCE, dell’OSCAD e dell’UNAR emerge che non vi è una diffusione allarmante di illeciti omotransfobici.

SENZA DETERMINAZIONE C’E’ INDETERMINATEZZA DEL REATO
Il DDL contraddice anche il principio costituzionale di “determinatezza” della disposizione penale perché inserisce concetti controversi e indeterminati in una normativa che pone già problemi di indeterminatezza. I concetti di “discriminazione” (cioè un diverso irragionevole trattamento) e di “odio” negli articoli 604 bis e ter c.p. sono tra i più ampi e generici. A questi si aggiungono le anche nozioni di “genere” e “identità di genere” che sono controverse e di incerta definizione (e che ha infatti visto l’opposizione delle lesbiche e delle femministe). Per non parlare del fatto che sono termini sociologici su cui la comunità scientifica non si è mai espressa in maniera univoca. 

RIBALTAMENTO DEL DIRITTO PENALE BASATO NON SUL FATTO/NON FATTO MA SULLA PERCEZIONE DEL REATO
Il diritto penale è basato sulla repressione di “fatti” illeciti: al contrario, il DDL estenderebbe una normativa ai sensi della quale la punibilità degli atti di discriminazione (art. 604 bis c.p.) dipende totalmente dal “motivo” interiore del presunto colpevole o “percezione” della vittima, non dal disvalore del fatto; in secondo luogo, estenderebbe una normativa che punisce la mera “istigazione” anche privata e sterile (cioè non seguita dalla commissione del reato). L’ordinamento penale reprime “fatti” dannosi o pericolosi, e pertanto l’istigazione non dovrebbe essere punibile se non è seguita dalla commissione del reato istigato o se non è realizzata in modo pubblico.

REATO D’OPINIONE
L’espressione di opinioni, principi etici, convincimenti religiosi riguardanti la moralità o naturalità di tendenze e pratiche sessuali, e le azioni di individui o di associazioni che si ispirano a quei convincimenti, rischiano di essere interpretati come “istigazione alla discriminazione” omotransfobica (o fondata sul genere, sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere). Infatti, i concetti di omofobia e di transfobia rinviano ad una impostazione culturale per la quale il dissenso rispetto alle rivendicazioni dell'attivismo LGBTQ+ è segno di pregiudizio omotransfobico.

Qualsiasi atteggiamento differenziato o sgradito nei confronti di un attivista o altro esponente LGBTQ+, eventualmente basato su profondi convincimenti religiosi o filosofici (ad esempio, rivolgersi a una persona “transgender” adoperando pronomi coerenti con il suo sesso biologico) potrebbe essere considerato come “atto di discriminazione” omotransfobico. Similmente, anche qualsiasi dichiarazione pubblica da parte di membri di associazioni o di altri cittadini, in difesa della famiglia naturale o del diritto dei bambini a crescere con una mamma e un papà, o che valorizzi la complementarietà sessuale, potrebbe essere interpretata come “istigazione alla discriminazione” omotransfobica.

In quest’ottica, la clausola “salva idee” si rivela inutile e incomprensibile, anche perché esclude la sua operatività proprio in relazione alle espressioni di idee interpretabili come “incitamento alla discriminazione”. Migliaia di cittadini, di madri e padri di famiglia, di associazioni, potrebbero essere denunciati, perseguiti a livello giudiziario o persino condannati alla reclusione a causa di posizioni in favore della famiglia naturale, della complementarietà dei sessi, della non fluidità dell’identità sessuale. Il disegno di legge anti omotransfobia si rivela quindi contrario anche agli artt. 18, 19 e 21 della Costituzione. 

CONTRO LE DONNE
Il disegno di legge è sessista, rappresenta un attacco a tutte le donne, poiché obbligherebbe a trattare un maschio “transgender” (che si percepisce donna anche in assenza di transizione completa) in tutto e per tutto come una donna (altrimenti si commetterebbe una discriminazione fondata sull’identità di genere). Questo significa violare la privacy e la sicurezza delle donne, le quali non potrebbero escludere i maschi transgender dai luoghi (bagni e spogliatoi femminili) e ambiti (ad es. competizioni sportive per donne) normalmente riservati alle femmine. Anzi, qualunque donna potrebbe essere penalmente perseguita anche solo per aver suggerito di riservare quegli spazi e ambiti alle donne definite in base al sesso biologico.

Per fare un esempio molto concreto: una trans biologicamente uomo che si percepisce come donna ma che non ha nessuna transizione alle spalle potrebbe chiedere di spogliarsi nello spogliatoio femminile di una piscina. Se una delle donne in quello spogliatoio si sente a disagio e fa notare la cosa rischia di passare per "omofoba e discriminatoria", stessa cosa se il proprietario della piscina proponesse uno spogliatoio separato da uomini e donne per la trans. 

INDOTTRINAMENTO PIU' CHE SENSIBILIZZAZIONE
La “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” è un tentativo di colonizzazione ideologica soprattutto delle scuole. Si rischia che siano imposte ai bambini le idee presupposte dai concetti di “omofobia” e di “transfobia”, cioè che il sesso biologico è irrilevante rispetto al genere e all’identità sessuale, che la sessualità è fluida, non binaria e soggettiva. Questi non sono fatti oggettivi o scientificamente provati, sono solo teorie di alcuni studi elevati a verità assolute, quindi del tutto ideologiche. Questa ideologia sarebbe poi estesa a tutti gli ambiti (lavoro, scuola, mass media, ecc.) mediante apposite strategie nazionali triennali, la cui realizzazione è demandata all’UNAR e che coinvolgerebbero i gruppi LGBTQ+.

Il punto debole di Zan è proprio il concetto di gender e di identità di genere, che si cristallizzano in un testo normativo, che suscitano anche l’opposizione delle femministe e delle lesbiche che non per nulla adesso vengono etichettate come TERF dal resto della comunità LGBTQ+ e che sono accusate di essere transfobiche e transmisogine perché credono che le uniche vere donne siano quelle nate con una vagina e cromosomi XX.

IL DDL ZAN E IL CONCORDATO
In queste ore si è scatenato il tifo da stadio sul concordato e sul fatto che il Vaticano starebbe facendo una interferenza. La realtà è molto più complessa di così. Vaticano e Stato hanno stipulato un accordo internazionale, e il principio concordatario trova espressamente riconoscimento in Costituzione. Se pure si volesse fare qualcosa in proposito le strade sarebbero solo due, come recita l'art 7: o la modifica condivisa del testo, alquanto improbabile, o un procedimento di revisione costituzionale con le maggioranze rafforzate (2/3 dei voti favorevoli necessari), anche questo ai limiti del possibile in un governo come quello attuale.

Stiamo parlando pur sempre di una convenzione internazionale, e di un espresso riconoscimento dei Patti quali fonti atipiche, dotate di maggior resistenza all'abrogazione rispetto alla legge ordinaria.

Paradossalmente modificare il concordato porterebbe a uno slittamento a non si sa quando del DDL Zan. Non conosciamo esattamente il contenuto della nota della segreteria di stato ma non si parla di abolizione del disegno bensì di revisione.

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