Quando si parla di rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico, capita spesso che qualcuno citi il caso di san Francesco (1181-1226), più o meno in questi termini: «Si dovrebbe testimoniare il Vangelo come fece Francesco, in sottomissione e silenziosa discrezione; e quindi non si dovrebbe cercare di convertire nessuno, come san Francesco non voleva che si facesse». Ebbene, è corretta una simile visione?
Innanzitutto va detto che questa interpretazione del pensiero e dell’azione del santo di Assisi deriva in particolare da un libro notevole e influente, scritto dallo storico Giovanni Miccoli e intitolato Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana. In quel volume Miccoli sostenne che Francesco voleva «realizzare una presenza cristiana priva di ogni ricerca di proselitismo». In altri termini, il santo assisiate avrebbe visto ogni tentativo di annuncio attivo del Vangelo - orientato cioè alla conversione del non cristiani — come una sorta di “ingerenza”, persino di violenza e di contrario allo spirito evangelico, intriso di sottomissione, rinuncia, povertà “assoluta” e testimonianza “pura”.
Il cristianesimo integrale di San Francesco
Si tratta di parole molto chiare, che indicano al frate francescano (e, potremmo dire, al cristiano in genere) la necessità di cogliere le occasioni propizie per testimoniare esplicitamente e “attivamente” la buona novella, «affinché quelli credano in Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di ogni cosa, il Figlio redentore e salvatore». Sono contenuti essenziali del Cristianesimo, ovvero la Trinità e la figura umana e divina di Cristo, morto e risorto per la salvezza dell’umanità. E si badi che si tratta proprio di quei punti che l’Islam nega esplicitamente: per l’Islam, infatti, Allah è Dio uno e indivisibile e l’idea cristiana della Trinità è un’assurdità quando non, peggio, una forma di idolatria, ovvero di abominio da distruggere.
Ed è poi vero che il Corano riconosce in Cristo un grande profeta, precursore di Maometto; ma appunto Cristo, in quest’ottica, non è nient’altro che un uomo, per quanto eccezionale (inferiore comunque a Maometto), e non può in alcun modo essere Dio. Tanto è vero che, per il Corano, Cristo non è mai morto in croce e quindi non è neppure — e tantomeno — resuscitato.
La spinta apostolica e missionaria
Sono punti essenziali di diversità tra Cristianesimo e Islam, che Francesco mostra di conoscere esattamente e di voler mettere a fuoco nell’attività missionaria del suoi frati. Lo scopo, poi, non è “semplicemente” di testimonianza, o meglio lo è nel suo senso più pieno, orientato cioè alla salvezza delle anime, che devono essere «battezzate» e «diventare cristiane», il che significa necessariamente staccarsi dal corpo dell’Islam per entrare nel corpo storico e mistico della Chiesa e di Cristo. Mi paiono parole nette, che smontano da sé il preteso “irenismo” a oltranza di Francesco: il santo di Assisi sperava e voleva che anche i musulmani (come gli altri infedeli) conoscessero la Grazia di Cristo, quella stessa che lo aveva toccato da giovane e gli aveva radicalmente trasformato l’esistenza.
San Francesco tra i musulmani
Orbene, che cosa accadde? Nel giugno del 1219 Francesco e Illuminato raggiunsero il campo dei crociati che assediavano Damietta da qualche tempo. Tra la fine di quell’estate e l’inizio dell’autunno, i due frati attraversarono la “terra di nessuno” che divideva i crociati dai musulmani e chiesero di parlare con il sultano al-Kamil, discendente del grande Saladino. Sul fatto che i due si incontrarono e che, tramite interpreti, si parlarono, nessuno oggi dubita più. Ciò che divide gli storici è semmai il contenuto del loro discorso, che diventa altamente dibattuto per il suo valore simbolico.
Un dialogo intriso di testimonianza della verità
«Il vostro Dio ha insegnato nei suoi Vangeli che non si deve rendere male per male... Quanto più dunque i cristiani non devono invadere la nostra terra?».
Niente male: al-Kamil usò il Vangelo come strumento per accusare i crociati di violenza e aggressione. Ma sentiamo la replica di Francesco:
«Non sembra che abbiate letto per intero il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove dice infatti: “Se un tuo occhio ti scandalizza, cavalo e gettalo lontano da te”..., con il che ci volle insegnare che dobbiamo sradicare completamente... un uomo per quanto caro o vicino — anche se ci fosse caro come un occhio della testa — che cerchi di toglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Per questo i cristiani giustamente attaccano voi e la terra che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quelli che potete. Se pero voleste conoscere il creatore e redentore, confessarlo e adorarlo, vi amerebbero come loro stessi».
La prova dei carboni ardenti
San Francesco santo pacifico ma non pacifista
«Francesco d’Assisi è il prodotto più rappresentativo ed ortodosso della Chiesa delle crociate (...) Non è affatto il personaggio che generalmente ci viene presentato adesso. Non era il precursore dei teologi della liberazione. Né tantomeno fu l’araldo dl un cristianesimo dolciastro, melenso, ecologico-pacifista: il tipo che ride sempre, lo scemo del villaggio che parla con gli uccellini e fa amicizia con i lupi». (Franco Cardini, in Vittorio Messori, Pensare la stora. Una lettura cattolica dell’avventura umana, Sugarco, 2006, pp 164-165).