Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato ed ex nunzio apostolico negli Stati Uniti ha pubblicato, attraverso un sito canadese, un documento di 11 pagine con il quale attacca la Santa Sede affermando che molti nella curia erano a conoscenza fin dal 2000 dell’esistenza di accuse (di omosessualità e pedofilia) contro l’arcivescovo Theodore McCarrik, promosso alla fine di quell’anno arcivescovo di Washington e creato cardinale da Giovanni Paolo II l’anno successivo: era noto, secondo Viganò che il prelato invitava i suoi seminaristi a dormire con lui nella casa al mare.
Il testo di Viganò è zeppo di date e di circostanze, ed è chiaramente indirizzato contro Papa Francesco e quasi tutti i più fedeli collaboratori di Benedetto XVI. Il documento ripropone, circostanziandole voci e informazioni già circolate almeno negli ultimi due mesi nella galassia mediatica antipapale e tradizionalista americana ed europea, cercando di attribuire ogni responsabilità sulle spalle dell’attuale Pontefice. Bisogna dire anche che il documento offre molti nomi ma nessuna prova.
Grazie all'aiuto del sito UCCR e del blog di Fabio Marchese Ragona proviamo a capire cosa c'è dietro questo attacco diretto e chi è la persona che lo muove e quali sono i suoi trascorsi. Attenzione: tutto questo non inficia le sue accuse, che andranno valutate e verificate con serietà nelle sede opportune ma serve a capire il macrocontesto dove inserirle. La parola d'ordine è, infatti, prudenza.
La questione è molto semplice: con una “testimonianza” lunga dieci pagine, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ex nunzio apostolico negli Stati Uniti che con una sua lettera riservata al Papa, nel 2011, aveva “ispirato” il primo Vatileaks, si riprende la scena e oggi accusa mezza Curia (della nuova e della vecchia guardia) di aver coperto le schifezze del cardinale americano Theodore McCarrick. Non solo: Viganò spara davvero in alto e, oltre ad accusare i principali collaboratori presenti e passati degli ultimi tre papi, rivela: “Avevo informato Papa Francesco nel 2013 del dossier su McCarrick, ma lui cambiò discorso: adesso sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro”.
Chi è mons. Carlo Maria Viganò?
Il sito UCCR ne ricostruisce una biografia con molte ombre: di lui si iniziò a parlare nel 2011 quando alcune lettere inviate a Benedetto XVI vennero trafugate dai corvi vaticani e rese pubbliche, dando avvia a Vatileaks, poco prima del suo trasferimento dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e la nomina a nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America. Quel che passò sui quotidiani è che il trasferimento venne deciso in quanto Viganò fece emergere una dilagante corruzione dentro la Curia romana ratzingeriana. In realtà, le accuse del prelato si dimostrarono (anche qui) prive di fondamento e, come ha svelato Emiliano Fittipaldi nel libro Avarizia (già in parte reso pubblico da Panorama), la Santa Sede decise di allontanarlo in quanto era entrata in possesso di documenti su Viganò che lo coinvolgevano in appalti gonfiati e false fatturazioni. Inoltre, nel 2012 la sorella Rosanna lo denunciò accusandolo dell’appropriazione di 900 milioni di lire, derivanti dall’eredità paterna. Con questo denaro il prelato avrebbe acquistato un appartamento da 430mila franchi svizzeri, poi rivenduto. La vicenda giudiziaria si concluse con l’ammissione di Viganò, che versò 180mila franchi svizzeri al difensore della sorella. Nel 2013, oltre alla notizia del mega appartamento di 250 metri quadri a sua disposizione, entrò in scena anche il fratello di Carlo Maria, Lorenzo Viganò, il quale rivelò che suo fratello «mentì a Ratzinger quando chiese di restare a Roma perché doveva occuparsi di me malato». Così infatti mons. Viganò disse opponendosi al trasferimento (o “cacciata”) negli USA, dipingendo il fratello come un disabile, anche in considerazione dell’eredità condivisa. Papa Francesco scelse proprio il gesuita Lorenzo Viganò, fratello maggiore di Carlo Maria, come aiutante per dissipare la matassa di Vatileaks, dettaglio che certamente contribuì a inferocire Viganò.
L’obiettivo della manovra mediatica è chiaro: Bergoglio se ne vada. E questa volta a chiederne la testa è un diplomatico di peso della Santa Sede. Clamoroso. Ma che dietro a Viganò ci sia una cordata di ecclesiastici (americani e non, legati molto alla tradizione) intenzionati a far dimettere Francesco, non c’è alcun dubbio. Anche il sito scelto per la pubblicazione del documento, un sito canadese dal nome Lifenews, è noto per essere un portale apertamente contro Papa Francesco. L’arcivescovo, dopotutto, è solo una piccola pedina del sistema che già da qualche mese si è rimesso in moto per preparare un dopo Francesco, aprendo la strada a un Pontefice ben più conservatore di Bergoglio. Il nunzio, peraltro, ha proprio il profilo adatto per compiere una mossa così eclatante. Se l’obiettivo oggi è “Bergoglio se ne vada”, per l’arcivescovo non può che essere una campagna in linea col suo pensiero, considerato che diversi mesi fa, fu Francesco a dire “Viganò se ne vada”.
Al netto di queste accuse, Viganò si è dimenticato di riferire che dall’anno 2000 non c’è mai stata un’indagine seria nei confronti di McCarrick, cosa che è avvenuta solamente durante questo pontificato. E’ stata svolta dall’arcidiocesi di New York, che ha ritenuto “credibile e motivata” l’accusa a McCarrick risalente a cinquanta anni fa, in seguito alla quale Papa Francesco lo ha sospeso dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, obbligandolo ad una vita di preghiera e penitenza, «fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico».
Come ribadito da UCCR in conclusione anche se le accuse di Viganò - seppur siano un’operazione mediatica ben studiata e provengano da una persona poco credibile, nonché mischiate ad insulti, complottismo tradizionalista, rancore e vendetta-, sono ben circostanziate. Manca tuttavia la prova (o conferma) dell’intervento di Benedetto XVI nei confronti di McCarrik, che Viganò non è stato capace di provare né di contestualizzare temporalmente e andrebbe dimostrata. Una verifica seria è d’obbligo, così come la risposta dei diretti interessati, ma anche estrema prudenza nel considerare pregiudizialmente vero il racconto del controverso ex nunzio apostolico.