tratto dagli articoli di Mauro Cereda, Avvenire E’Lavoro, 7 novembre 2007
Un Paese ingessato, fatto su misura per i lavoratori che hanno superato la soglia degli “anta” e per i pensionati. Un Paese che teme la meritocrazia e non favorisce la mobilità sociale, che non lascia spazio ai giovani. È l'Italia descritta nel libro “Contro i giovani. Come l'Italia sta tradendo le nuove generazioni” (Mondadori) degli economisti Tito Boeri e Vincenzo Galasso.
Il titolo si riflette in un dato presentato dagli autori: su ogni giovane italiano gravano 80mila euro di debito pubblico e 250mila euro di debito pensionistico. E tale deficit si è accumulato «non tanto per costruire infrastrutture, migliorare la qualità dell'istruzione o della vita nelle grandi città, ma per pagare pensioni di invalidità a volte di dubbia assegnazione, creare posti pubblici spesso inefficienti, concedere baby pensioni e generose pensioni di anzianità, cedere alle pressioni di rappresentanze di interessi specifici».
Boeri e Galasso sottolineano come «è solo prendendo una posizione a favore e non contro i giovani, di quelli che già ci sono, ma anche di quelli che verranno, che il nostro Paese può tornare ad essere davvero grande». Le leve del potere sono, però, in mano a una classe politica, essa stessa abbastanza anziana, più abituata a ragionare nel breve periodo (quello che garantisce un ritorno immediato in termini di consenso elettorale) che sul lungo. Sarà capace di uno scatto in avanti?
Le tesi di Boeri e Galasso sono sostenute da una corposa mole di statistiche che traccia un quadro complessivo della situazione. Eccone una breve sintesi.
Pil e reddito pro-capite
Tra il 1990 e il 2004 il Pil è cresciuto a un tasso medio annuo dell'1,4%, contro il quasi 3% della Spagna, l’1,9% della Francia e l'1,7% della Germania. Dal 2003 il reddito pro capite è sceso al di sotto della media della Ue a 15. Solo Portogallo e Grecia stanno peggio.
Pensioni
Negli anni '60 si andava in pensione a 63 anni, adesso a 58. Per finanziare il sistema previdenziale servono più soldi: chi lavora versa, tra contributi e tasse sui redditi, il 45% del proprio salario a chi è in pensione. Chi ha iniziato a lavorare negli ultimi dieci anni riceverà un assegno più basso (dal 20% al 30% in rapporto all'ultimo stipendio) di chi va in pensione oggi.
Tasso di occupazione
Il tasso di occupazione è al 57%, quasi otto punti in meno della media Ocse. Ciò si spiega con l'età più precoce di pensionamento (58 anni contro 62), il minor numero di donne occupate (quasi 15 punti), la disoccupazione giovanile (quasi il doppio). La fascia d'età maschile 30-55 anni è l'unica allineata (più di sette su dieci) con gli obiettivi di Lisbona.
Salari
Alla fine degli anni '80 gli stipendi netti mensili dei lavoratori tra 19 e 30 anni erano più bassi del 20% di chi aveva tra 31 e 60 anni. Oggi siamo al 35%. I salari di ingresso per i giovani tra 20 e 21 anni sono diminuiti dell'11% negli ultimi dieci anni.
Donne e lavoro
Quasi una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio. Oggi i papà sono più attenti, ma fanno ancora poco: se tre mamme su quattro hanno usufruito del periodo di congedo facoltativo, solo otto papà su 100 hanno chiesto il congedo parentale. Il 7% dei bimbi con meno di due anni va all'asilo nido, contro il 30% di Belgio e Francia e il 65% di Svezia e Danimarca.
Mobilità sociale
Solo sette figli di operai su 100 diventano liberi professionisti, imprenditori o dirigenti. Il 50% resta nella classe sociale dei genitori. Uno su tre riesce a diventare impiegato, insegnante o tecnico specializzato.
Istruzione secondaria
Appena il 33% della popolazione ha un'istruzione secondaria superiore, contro il 41% della Francia, il 55% della Germania e il 57% del Regno Unito. Eppure l'Italia spende molto: più di 5mila euro per alunno contro una media Ocse di 4.600.
Laureati
L'Italia ha la metà di laureati, in rapporto alla popolazione fra 25 e 64 anni, della media Ocse. Il tasso di rendimento del titolo (l'incremento del reddito atteso perché si è conseguita una laurea) è del 6,5%, contro il 9,1% della Germania e il 14,5% della Francia. Tra i laureati ha il tasso di disoccupazione più alto dopo la Grecia. Negli Atenei il 30% dei professori ordinari e il 10% dei ricercatori ha più di 65 anni e solo nove ordinari su 18.651 hanno meno di 35 anni.
Fuga di cervelli
II 2,3% dei laureati italiani risiede in un Paese europeo contro lo 0,6% dei tedeschi, lo 0,8% degli spagnoli, l'1,1% dei francesi. Per contro le Università italiane hanno meno di un ricercatore straniero su 100 docenti, contro i 31 del Regno Unito, i 26 degli Usa, i 14 della Francia, i cinque della Germania.
Classe dirigente
Nel Who is Who in Italy su circa 5mila nominativi, solo il 2,5% ha meno di 35 anni. Gli under 35 rappresentano lo 0,9% tra i politici, lo 0,6% tra i professionisti, lo 0,4% tra i rappresentanti del mondo economico. L'età media della classe dirigente è passata dai 57 anni del 1990 ai 61 del 2004.
Il titolo si riflette in un dato presentato dagli autori: su ogni giovane italiano gravano 80mila euro di debito pubblico e 250mila euro di debito pensionistico. E tale deficit si è accumulato «non tanto per costruire infrastrutture, migliorare la qualità dell'istruzione o della vita nelle grandi città, ma per pagare pensioni di invalidità a volte di dubbia assegnazione, creare posti pubblici spesso inefficienti, concedere baby pensioni e generose pensioni di anzianità, cedere alle pressioni di rappresentanze di interessi specifici».
Boeri e Galasso sottolineano come «è solo prendendo una posizione a favore e non contro i giovani, di quelli che già ci sono, ma anche di quelli che verranno, che il nostro Paese può tornare ad essere davvero grande». Le leve del potere sono, però, in mano a una classe politica, essa stessa abbastanza anziana, più abituata a ragionare nel breve periodo (quello che garantisce un ritorno immediato in termini di consenso elettorale) che sul lungo. Sarà capace di uno scatto in avanti?
Le tesi di Boeri e Galasso sono sostenute da una corposa mole di statistiche che traccia un quadro complessivo della situazione. Eccone una breve sintesi.
Pil e reddito pro-capite
Tra il 1990 e il 2004 il Pil è cresciuto a un tasso medio annuo dell'1,4%, contro il quasi 3% della Spagna, l’1,9% della Francia e l'1,7% della Germania. Dal 2003 il reddito pro capite è sceso al di sotto della media della Ue a 15. Solo Portogallo e Grecia stanno peggio.
Pensioni
Negli anni '60 si andava in pensione a 63 anni, adesso a 58. Per finanziare il sistema previdenziale servono più soldi: chi lavora versa, tra contributi e tasse sui redditi, il 45% del proprio salario a chi è in pensione. Chi ha iniziato a lavorare negli ultimi dieci anni riceverà un assegno più basso (dal 20% al 30% in rapporto all'ultimo stipendio) di chi va in pensione oggi.
Tasso di occupazione
Il tasso di occupazione è al 57%, quasi otto punti in meno della media Ocse. Ciò si spiega con l'età più precoce di pensionamento (58 anni contro 62), il minor numero di donne occupate (quasi 15 punti), la disoccupazione giovanile (quasi il doppio). La fascia d'età maschile 30-55 anni è l'unica allineata (più di sette su dieci) con gli obiettivi di Lisbona.
Salari
Alla fine degli anni '80 gli stipendi netti mensili dei lavoratori tra 19 e 30 anni erano più bassi del 20% di chi aveva tra 31 e 60 anni. Oggi siamo al 35%. I salari di ingresso per i giovani tra 20 e 21 anni sono diminuiti dell'11% negli ultimi dieci anni.
Donne e lavoro
Quasi una donna su cinque lascia il lavoro dopo il primo figlio. Oggi i papà sono più attenti, ma fanno ancora poco: se tre mamme su quattro hanno usufruito del periodo di congedo facoltativo, solo otto papà su 100 hanno chiesto il congedo parentale. Il 7% dei bimbi con meno di due anni va all'asilo nido, contro il 30% di Belgio e Francia e il 65% di Svezia e Danimarca.
Mobilità sociale
Solo sette figli di operai su 100 diventano liberi professionisti, imprenditori o dirigenti. Il 50% resta nella classe sociale dei genitori. Uno su tre riesce a diventare impiegato, insegnante o tecnico specializzato.
Istruzione secondaria
Appena il 33% della popolazione ha un'istruzione secondaria superiore, contro il 41% della Francia, il 55% della Germania e il 57% del Regno Unito. Eppure l'Italia spende molto: più di 5mila euro per alunno contro una media Ocse di 4.600.
Laureati
L'Italia ha la metà di laureati, in rapporto alla popolazione fra 25 e 64 anni, della media Ocse. Il tasso di rendimento del titolo (l'incremento del reddito atteso perché si è conseguita una laurea) è del 6,5%, contro il 9,1% della Germania e il 14,5% della Francia. Tra i laureati ha il tasso di disoccupazione più alto dopo la Grecia. Negli Atenei il 30% dei professori ordinari e il 10% dei ricercatori ha più di 65 anni e solo nove ordinari su 18.651 hanno meno di 35 anni.
Fuga di cervelli
II 2,3% dei laureati italiani risiede in un Paese europeo contro lo 0,6% dei tedeschi, lo 0,8% degli spagnoli, l'1,1% dei francesi. Per contro le Università italiane hanno meno di un ricercatore straniero su 100 docenti, contro i 31 del Regno Unito, i 26 degli Usa, i 14 della Francia, i cinque della Germania.
Classe dirigente
Nel Who is Who in Italy su circa 5mila nominativi, solo il 2,5% ha meno di 35 anni. Gli under 35 rappresentano lo 0,9% tra i politici, lo 0,6% tra i professionisti, lo 0,4% tra i rappresentanti del mondo economico. L'età media della classe dirigente è passata dai 57 anni del 1990 ai 61 del 2004.
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