Cannabis legale, per le casse dello Stato sarà un flop

da un articolo di Marcello Esposito su Linkiesta, 28 ottobre 2015

Vi proponiamo un interessante spunto di riflessione sulla legalizzazione della cannabis comparsa qui. Si parla tanto di business della droga e del fatto che lo Stato potrebbe monetizzare dalla legalizzazione delle droghe leggere. E' veramente così?

Il problema della legalizzazione della cannabis è stato ridotto nel dibattito attuale, complice anche la relazione introduttiva al disegno di legge “Della Vedova”, ad una questione di introiti fiscali e di risparmio di costi nell’azione repressiva delle forze di Polizia. Sono stati invece messi da parte gli argomenti più alti, a favore o contro la legalizzazione, basati sulla libertà di scelta dell’individuo o sulla legittimità per lo Stato di trattare come un “business” la commercializzazione di una sostanza stupefacente.

Eppure queste domande sono ineludibili nel caso della cannabis. Anche perché le stime degli introiti fiscali sono estremamente aleatorie e possono essere molto, molto lontane da quelle particolarmente ottimistiche inserite nella relazione introduttiva al disegno di legge. Prima di affrontare il discorso economico, però, è necessario comprendere quali sono i dilemmi multipli che la legalizzazione della cannabis pone.

Il trilemma della legalizzazione della cannabis

Nella legalizzazione della cannabis ci sono sostanzialmente tre obiettivi che si potrebbero voler perseguire:

  • Protezione dei consumatori
  • Risparmio sui costi di repressione
  • Introiti fiscali

Il problema è che questi tre obiettivi non sono ottenibili tutti insieme. Se ne possono ottenere solo due per volta, sacrificando il terzo. Per questo parliamo di un trilemma.

Massimizzare gli introiti fiscali e proteggere i consumatori significa sconfiggere la competizione del mercato illegale. Questo non si può ottenere se non intensificando le azioni repressive delle forze di Polizia. Infatti, nella relazione introduttiva alla proposta di legge “Della Vedova” si fa riferimento ad un livello di tassazione per la cannabis pari a quello del tabacco, che incide per il 75% sul prezzo di vendita al pubblico. È evidente che il prezzo “legale” non sarebbe assolutamente competitivo rispetto a quello del mercato nero.

Quindi, se si vogliono ottenere elevati introiti fiscali, è necessario che le forze di Polizia continuino nell’azione di contrasto alla cannabis illegale. Anche perché, se l’azione di contrasto dovesse venire meno, il prezzo della cannabis illegale si abbasserebbe per effetto dei minori rischi e della minore quantità di sostanza sequestrata. Da notare che la cannabis illegale, senza controlli di polizia, potrebbe essere più facilmente importata da paesi (Marocco, Afghanistan) dove i costi di produzione sono molto inferiori a quelli italiani. Mentre la proposta di legalizzazione vieta (giustamente) l’import-export della cannabis eventualmente prodotta legalmente in Italia.

Massimizzare gli introiti fiscali e rinunciare alla repressione si può ottenere solo estendendo la platea dei consumatori del mercato legale oltre il perimetro di coloro che si servono presso l’attuale mercato illegale. I tossicodipendenti e i consumatori problematici troveranno infatti economicamente conveniente continuare a rifornirsi presso il mercato illegale, che ha prezzi più bassi. Lo Stato recupererebbe i mancati introiti da questa tipologia di consumatori allargando la platea dei consumatori a coloro che non si servirebbero mai presso la criminalità organizzata. Ma questo significa rinunciare all’obiettivo della protezione dei consumatori, perché si raggiungerebbero nuove persone e aumenterebbero i rischi socio-sanitari per la popolazione nel suo complesso.

Infine, se si vuole spazzare via il mercato illegale e risparmiare sui costi di repressione, è necessario azzerare l’incidenza fiscale sulla cannabis “legalizzata”. Ma in questo caso ne deriva che gli introiti fiscali si azzerano.

Se non bastasse il trilemma a rendere necessaria una profonda riflessione su quali sono i veri obiettivi che ci si prefigge di raggiungere legalizzando la cannabis, si aggiunge il problema diquali siano poi gli introiti fiscali. Per stimare gli introiti, si escluderà per principio che l’obiettivo dei proponenti sia quello di replicare un’esperienza disastrosa come la liberalizzazione dello slot machine e quindi promuovere la diffusione della cannabis anche laddove non è mai arrivata e mai arriverebbe finché rimane illegale.

Le cifre stratosferiche che girano sulla stampa più o meno specializzata sono viziate da errori metodologici nella stima della dimensione del mercato illegale, da incomprensioni nella farmacologia della cannabis e, soprattutto, non si basano su un’analisi economica della dinamica tra domanda e offerta. Se i consumatori abituali e i tossicodipendenti continuassero (per ragioni di prezzo e per una minore azione di contrasto alla cannabis da parte delle forze di Polizia) a servirsi presso il mercato illegale, il mercato legale potrebbe al massimo arrivare a coprire il 30% del mercato complessivo della cannabis. E gli introiti fiscali sarebbero inferiori del 70% a quanto stimato.

Attenendoci alle stime prodotte dalla Commissione Europea nel 2013 il consumo di cannabis in Italia è stato pari a 384 tonnellate. Applicando un prezzo della cannabis pari a 10 euro al grammo, la dimensione del mercato illegale della cannabis è pari a 3,8 miliardi di euro. Applicando una tassazione del 75%, come quella del tabacco che propongono i “legalizzatori”, si ottengono introiti fiscali teorici pari a 2,85 miliardi. Sono “teorici” perché ipotizzano che la criminalità organizzata si faccia completamente spazzare via dal mercato legale. Ma più che un’ipotesi teorica questa è un’ipotesi eroica, perché come per ogni merce, il consumo di cannabis ha un’elasticità al prezzo. Questo è particolarmente vero per i consumatori abituali, per i quali una oscillazione di prezzo come quella causata da una tassazione al 75% determinerebbe un aumento di spesa enorme. Inoltre, la criminalità organizzata può accedere alla produzione in paesi come il Marocco e l’Afghanistan dove il costo di produzione è una frazione di quello italiano. Quindi, può spingere il prezzo in basso fino a spiazzare la concorrenza dei produttori legali. Tanto più se l’azione di contrasto delle Forze di Polizia viene distolta dalla cannabis verso le droghe pesanti, come i proponenti della legalizzazione auspicherebbero, anche in una ottica di spending review.

Se i consumatori abituali, coloro che assumono cannabis quasi una volta al giorno, continuassero a rivolgersi al mercato illegale, il fatturato teorico del mercato legale crollerebbe del 70%. Gli introiti fiscali del mercato legale, senza i tossicodipendenti e i consumatori problematici, si ridurrebbero a 850 mln. In Oregon, per evitare il flop del Colorado, i primi tre mesi di legalizzazione saranno con tassazione nulla. La speranza è di spiazzare la criminalità organizzata di modo che quando applicheranno le tasse i consumatori si siano abituati a servirsi negli esercizi autorizzati.

Se la competizione tra produttori legali e illegali dovesse far scivolare il prezzo della cannabis verso gli 8 euro del prezzo della cannabis in Colorado, gli introiti per lo Stato si ridurrebbero ulteriormente a 680 mln. Siamo pertanto lontanissimi dalle stime estremamente ottimistiche di molti commentatori. Ma saremmo invece molto vicini alle stime che si ottengono riproiettando gli introiti fiscali del Colorado, il primo Stato americano ad aver legalizzato nel 2014 la cannabis. Anche in Colorado si pensava di avere grandi introiti, ma i risultati sono stati deludenti. Ed il motivo è … economico, legato al prezzo più elevato della cannabis legale causato dalla tassazione. In Oregon, per evitare il flop del Colorado, i primi 3 mesi di legalizzazione saranno con tassazione nulla. La speranza è di spiazzare la criminalità organizzata di modo che quando applicheranno le tasse i consumatori si siano abituati a servirsi negli esercizi autorizzati. Da vedere se la scommessa funzionerà, ma questo è il trilemma in azione. E gli introiti fiscali non ci sono. Se questi sono i risultati negli Stati Uniti, possiamo solo immaginare come sarebbero spaventate le mafie italiane, balcaniche e maghrebine di fronte alla competizione della cannabis legalizzata.

In conclusione, si fa un grosso errore se si decide di liberalizzare la cannabis ingolosendo l’elettorato con la promessa di chissà quali introiti fiscali. Se l’obiettivo è sottrarre risorse alla criminalità organizzata e consentire alle forze di Polizia di concentrarsi su altri target, allora bisogna rinunciare alle entrate fiscali di modo che la cannabis legale possa competere con quella illegale. Ma prima di rispondere “si” troppo velocemente, i lettori non possono esimersi dal porsi un quesito “morale”. Se una sostanza non è dannosa, non ha alcun senso proibirla o limitarne per legge l’uso, anche se il consumo interessasse ad una sola persona e non producesse alcun introito per lo Stato. Viceversa, se una sostanza è pericolosa, anche se gli introiti per lo Stato o i risparmi di spesa fossero potenzialmente stratosferici, è giusto liberalizzarne il commercio, fatto salvo per l’uso terapeutico?