
Abbiamo visto come gradualmente in alcuni paesi del mondo le leggi contro l’utero in affitto tendano ad inasprirsi. Nonostante questa tendenza, quello della gestazione per altri è a tutti gli effetti un mondo soggetto alle leggi del mercato, con veri e propri tariffari e pacchetti di servizi.
Ma come reagisce chi si occupa di guadagnare sulle gravidanze di donne che mettono in affitto il proprio grembo per nove mesi in favore di persone molto ricche quando le leggi si inaspriscono? Trasportando gli embrioni nei paesi in cui non è esplicitamente vietato.
Sara Morselli ha tradotto per Avvenire l’inchiesta del giornalista francese Louise Audibert sul trasporto di embrioni in tutto il mondo. Offriamo alcuni estratti del reportage.
Dall’alto dei suoi vent’anni circa, il ragazzo, che noi chiameremo Jake, inizia a sproloquiare. Ma va bene così, visto che il tempo non ci manca. Con in mano un bicchiere di whiskey e coca, spiega il motivo della sua presenza a bordo del volo Air India AI142. «Lavoro per una società londinese che mi manda a recuperare embrioni crioconservati un po’ ovunque nel mondo, e poi li trasporto verso altri Paesi». A qualche centinaio di metri di altezza, in tutta semplicità, Jake mi annuncia che si appresta a trasportare futuri esseri umani, che hanno da 0 ad appena pochi giorni, in un volgare zaino in cabina. Ma questo fatto non sembra disturbarlo più di tanto…
Dopo aver bevuto qualche bicchiere in più, prosegue il suo racconto, non senza un pizzico di vanteria: «Per molto tempo i Paesi asiatici hanno permesso agli stranieri di trovare madri surrogate a prezzi più contenuti, ma da qualche anno le cose sono cambiate, a causa di alcuni episodi che hanno fatto scandalo». Mi tornano alla mente alcune immagini. Quelle di donne indiane imprigionate nei dormitori per tutta la durata della gravidanza. O ancora quella di una madre surrogata thailandese che ha denunciato la coppia australiana per aver abbandonato uno dei suoi gemelli affetto dalla sindrome di Down (trisomia 21). Lui prosegue: «Di conseguenza, dal 2015, le coppie occidentali che avevano avviato le pratiche di fecondazione in vitro in Thailandia, India o Nepal, perché costa meno oppure perché vivono lì, devono trovare una madre surrogata in un altro Paese».
E adesso dove vanno? «Dipende dalle missioni, ma questa volta vado a prendere degli embrioni in India e in Nepal e poi li devo consegnare in un Paese dell’Europa dell’Est». E quanto costa questo servizio? «La spedizione costa circa 2.000 euro». Nel momento in cui il nostro A380 penetra nell’alone giallo che circonda la capitale indiana, Jake si confida un’ultima volta: «Quello che mi piace di più è vedere fino a che punto rendiamo felici i genitori. L’ultima volta, in Thailandia, una signora mi ha chiamato il suo angelo piangendo di gioia». Un angelo che, a quanto pare, è riuscito a far fruttare i suoi servizi... Sparisce dietro l’angolo di un corridoio dell’aeroporto internazionale di Nuova Dehli. Ho appena scoperto un nuovo business planetario. Il trasporto di embrioni crioconservati.
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Le mie interlocutrici mi ricordano velocemente la legislazione in vigore in Nepal: «Sa, dal 2015 gli stranieri non hanno più diritto di avvalersi dei servizi di una nepalese per la maternità surrogata». Mi fingo stupita. «Ormai inviamo gli embrioni in altri Paesi, come la Georgia, la Repubblica Ceca, l’Ucraina o la Russia. Torni alla fine del mese, potrà discuterne con la persona che se ne occupa, lei è in contatto con dei corrieri che passano per l’India prima di partire verso Ovest». Prima visita, prima offerta di consegnare embrioni. «Devo andare a recuperare degli embrioni a Bombay», mi aveva confidato Jake nel corso della nostra chiacchierata. Ormai so che almeno una clinica aggira la legislazione indiana che proibisce il trasporto di embrioni.
Dopo Katmandu, preparo un elenco delle strutture sanitarie della capitale finanziaria indiana. Una dopo l’altra, le segretarie mi informano di non potermi aiutare. Per ore, depenno via via i nomi delle cliniche. E cerco di non perdere la speranza. Poi un giorno, finalmente arriva una risposta: «Inviare degli embrioni in Ucraina? Venga a trovarci, vedremo cosa possiamo fare per lei».
Ma per il trasporto serve un corriere. Provvedo a cercarne uno e gli chiedo un consiglio. La risposta non si fa attendere: «Grazie di averci contattato. Noi lavoriamo spesso con questa clinica e posso garantirle che con noi il suo carico prezioso viaggerà in tutta sicurezza... ».
La più minuta delle due, capelli corti color mogano, solleva la cornetta. Qualche minuto dopo si gira verso di me. «Mi hanno appena detto che abbiamo già lavorato con una società di spedizioni britannica». «Per far viaggiare gli embrioni dovrà parlare con loro, poi noi ci metteremo in contatto con una madre surrogata».
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«Mi capita di trasportare il materiale crioconservato anche negli Stati Uniti, per conto di ricchi clienti asiatici che vogliono garantirsi le prestazioni migliori» Oggi il trasbordo si sviluppa verso Cipro, Russia Kenya, dove le madri surrogate 'costano' meno Jake: «Lavoro per una società londinese che mi manda un po’ ovunque nel mondo.
Dal 2015 le coppie occidentali che avevano avviato la fecondazione assistita nel Sud-est asiatico, perché più economica, sono interdette da quei Paesi e devono trovare una madre surrogata altrove. Così mi spediscono a prendere le loro provette...» Katarina è una donna che ha già affittato il suo ventre: «Sono ingegnere ma guadagno 300 dollari al mese. Mi hanno mandata al Cairo a partorire, per sei mesi non ho visto la mia famiglia. Quando è nata la piccola, non l’ho presa in braccio» Le impiegate di una clinica specializzata a Kiev: «Abbiamo sentito dire che un corriere si è fatto sequestrare lo zaino e gli embrioni sono andati persi, bisogna fare attenzione a chi ci si rivolge. Noi lavoriamo con una società di spedizioni britannica, poi ci mettiamo in contatto con la madre surrogata»
Mi porge un listino prezzi. «Costa in tutto 36.000 euro. Diamo accesso alla cartella clinica della madre che porterà il bambino e che dovrà attenersi a delle istruzioni rigide. Ad esempio, non avere rapporti sessuali per tutta la durata della gravidanza», aggiunge l’altra donna che fino a quel momento era rimasta in silenzio.
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