In questi giorni si è tornati a parlare di eutanasia. Ma cosa dicono i fatti e i dati su questa pratica? Cosa accade nei paesi dove è legale da tempo? Il panorama è inquietante.
Come ha fatto notare Tempi, di recente ha suscitato un certo scalpore in Belgio la proposta di estendere la legge sull’eutanasia (approvata nel maggio del 2002) ai minori e alle persone dementi. Dopo 10 anni dall’approvazione, oggi si chiede che anche un minore “se reputato in grado di giudicare ragionevolmente nei suoi interessi”, possa fare richiesta di eutanasia, con la necessaria approvazione dei genitori nel caso in cui abbia meno di 16 anni (sopra i 16 anni la scelta non sarebbe vincolata al giudizio dei genitori).
Il numero di casi di eutanasia in Belgio da quando esiste la legge è 5 volte quello di 10 anni fa, nel 2003 infatti i casi erano 235, nel 2011 sono arrivati a 1133.
La Società medica belga di San Luca ha fatto notare che dall’applicazione della legge “neanche un caso è stato ritenuto non conforme alla esigenze della legge, (…) a causa di una interpretazione molle della legge: se un ragazzo con un diabete di tipo 1 si trovasse un domani a pensare che la qualità della sua vita è diventata insufficiente” con le modifiche alla legge potrebbe richiedere l’eutanasia.
Il problema, dicono i medici, sta nel fatto che la sofferenza è stata definita “criterio soggettivo”, in modo che chiunque reputi “insopportabile” un dolore può richiedere l’eutanasia.
In Olanda nel 2012 il numero di suicidi assistiti è stato di 3.695, pari al 2,8% delle morti avvenute nel paese in quell’anno, come abbiamo già fatto notare.
Come ha notato il sito di UCCR il parere dei medici in molti paesi è contrario al messaggio che sembra universalmente condiviso della necessità di legalizzare l’eutanasia.
Ad esempio in Inghilterra, l’80% dei medici inglesi si oppone a eutanasia e suicidio assistito.
L’ordine dei medici francesi poco più di anno fa ha condannato un medico accusato di aver praticato eutanasia su 4 pazienti;
L’associazione di medici della Nuova Zelanda ha dichiarato che l’eutanasia non è una pratica etica e non può essere tollerata in alcun modo.
E in Germania la German Medical Association, organo ufficiale di coordinamento dei medici tedeschi, ha sostenuto un deciso rifiuto verso l’eutanasia attiva e “l’uccisione del paziente”, affermando che «il coinvolgimento dei medici nel suicidio non è un compito medico». Nello stesso comunicato i medici hanno chiesto scusa per la pratica di aborto e eutanasia eugenetica da parte dei medici durante il regime nazista, primo periodo storico in cui queste attività vennero realizzate in modo sistematico.
Uno dei grandi fraintendimenti di questo discorso è la confusione tra accanimento terapeutico e eutanasia, di cui abbiamo già parlato.
L’accanimento terapeutico è un intervento medico non più adeguato alla reale situazione del malato, perché ormai sproporzionato ai risultati che si potrebbero sperare, oppure perché appare troppo gravoso per le sue condizioni. La rinuncia all’accanimento terapeutico non vuol dire procurarsi la morte o procurare la morte ad una persona. Si accetta semplicemente di non poterla impedire. Spetta al paziente, se ne è cosciente, in dialogo con il proprio medico e con le persone che lo assistono, decidere quando e come sospendere determinati trattamenti o non iniziarne altri all’approssimarsi del termine della propria esistenza terrena. L’eutanasia consiste invece nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte direttamente (con dosi di anestetici tali da provocare il decesso) o indirettamente (per esempio con la sospensione di farmaci).
Tutti i medici sanno molto bene che la maggior parte delle richieste dei malati terminali riguardano la sospensione di accanimento terapeutico e sono pochissime le richieste di eutanasia.