Alcuni vaccini tra i più noti sono ricavati da feti abortiti, come quelli di Astrazeneca e Johnson&Johnson contro il Coronavirus. Questo ha sollevato un dubbio etico tra i cristiani e in generale tra chi è contrario all’aborto: è lecito vaccinarsi, conoscendo come sono stati ottenuti questi vaccini? La risposta della Pontificia Accademia per la Vita nel 2017, e della Congregazione per la Dottrina della fede nel 2020, è sì.
Vaccini ricavati da feti abortiti dal 1960
Con la pandemia del Covid-19 le cellule embrionali provenienti da feti abortiti hanno favorito in diversi modi sei degli otto vaccini contro COVID-19 autorizzati. Ma il problema etico non è nuovo, perché l’utilizzo delle linee fetali umani è iniziato nel 1960, e anche alcuni vaccini contro il morbillo, rosolia e varicella sono ricavati da feti.
Questo perché le linee cellulari embrionali sono considerate “pulite” e quindi adeguate alla produzione di vaccini basati sugli adenovirus (il metodo con il quale si “manomette” un virus iniettandolo in un paziente per garantirne l’immunità dal virus stesso). Nel caso dei vaccini contro il Coronavirus, sono due le note linee fetali provenienti da due aborti volontari coinvolte: la Hek-293 (isolata da un aborto del 1972) e la Per.C6 (1985).
Sin da quando sono iniziati gli studi per i vaccini contro il Coronavirus, papa Francesco ha insistito sulla loro importanza e sul fatto che vaccinarsi è diritto universale. Di certo non lo ha fatto solo per dire delle belle parole di incoraggiamento, ma perché sulla Chiesa c’erano già stati dei pronunciamenti chiari sulla questione vaccini e feti abortiti.
Ci si può vaccinare con “coscienza sicura”
Nel 2017 la Pontificia Accademia per la Vita, l’Ufficio per la Pastorale della Salute della CEI e l’Associazione dei Medici Cattolici Italiani diffusero una nota congiunta sulla questione dei vaccini ricavati da feti abortiti, per chiarire la posizione della Chiesa Cattolica sulla questione dei vaccini obbligatori per malattie molto diffuse tra i bambini:
Le linee cellulari attualmente utilizzate sono molto distanti dagli aborti originali e non implicano più quel legame di cooperazione morale indispensabile per una valutazione eticamente negativa del loro utilizzo. Per quanto riguarda la questione di vaccini che nella loro preparazione potrebbero impiegare o avere impiegato cellule provenienti da feti abortiti volontariamente, va specificato che il “male” in senso morale sta nelle azioni, non nelle cose o nella materia in quanto tali”.
Secondo la Chiesa vaccinarsi con un vaccino che è stato creato anche grazie all’utilizzo di un feto abortito alcuni decenni fa non significa aver cooperato a quell’aborto o averlo avallato.
I vaccini ricavati da feti abortiti contro il coronavirus
Circa un anno fa, il 21 dicembre 2020 (un giorno prima dell’autorizzazione al commercio del primo vaccino contro il Covid-19), la Chiesa Cattolica è tornata ad esprimersi ufficialmente sulla questione dei vaccini e dei feti abortiti, riprendendo coerentemente dei pronunciamenti precedenti sulla liceità morale dell’utilizzo di questi vaccini (non pronunciandosi, ovviamente, sulla questione della qualità o della sicurezza degli stessi, cosa che non compete alla Chiesa). L’argomentazione della Congregazione della Dottrina per la fede si dispiega in 6 punti, che riassumiamo:
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La cooperazione al male può essere di vario grado: rispetto alla questione dei vaccini, è diversa la cooperazione di chi ha commesso l’aborto, di chi ha progettato il vaccino e di chi decide di utilizzare il vaccino (cooperazione materiale passiva).
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Quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (in cui, per quello che è noto, non c’è stata alcuna cooperazione al male) è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 provenienti da feti abortiti.
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Il dovere morale di evitare la cooperazione materiale passiva non è vincolante se vi è un grave pericolo, come la diffusione di un agente patogeno grave. Ciò non costituisce una legittimazione, anche indiretta, della pratica dell’aborto, e presuppone la contrarietà a questa pratica da parte di coloro che vi fanno ricorso.
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È giusto chiedere alle aziende farmaceutiche e alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né agli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi.
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È vero che la vaccinazione per la Chiesa non è obbligatoria, ma la sua moralità dipende anche dal dovere di tutela del bene comune (non solo quello personale).
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La Chiesa sottolinea l’imperativo morale per l'industria farmaceutica, per i governi e le organizzazioni internazionali, di garantire che i vaccini, efficaci e sicuri dal punto di vista sanitario, nonché eticamente accettabili, siano accessibili anche ai Paesi più poveri.
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