Una media di 640 euro al mese. Tanto costa mantenere ogni figlio secondo la Relazione di Bankitalia, calcolate nel periodo 2017-2020, sui nuclei familiari composti da due adulti e uno o più figli minori.
Si tratta di un costo che comprende gli acquisti di beni e servizi destinati esclusivamente ai figli (ad esempio alimenti per neonati e rette scolastiche) e una quota dei consumi rilevati a livello familiare (quali le spese per l’abitazione e per i trasporti). Oltre la metà della spesa (quasi il 60%) è stato destinato a soddisfare bisogni primari (alimentari, abbigliamento e spese per la casa, istruzione e salute).
Inferiore, rispetto al Centro Nord, è la spesa nel Mezzogiorno anche se l’incidenza è più o meno invariata. Il costo di un figlio pesa infatti, in maniera abbastanza omogenea sul bilancio famigliare per circa un quarto del reddito medio. Il divario ha riguardato per circa un quinto le spese per la casa, che riflettono il più elevato costo degli immobili nelle regioni centro-settentrionali, e per circa due terzi i consumi meno essenziali (tempo libero, trasporti e altro). L’importo, pressoché stabile nel triennio 2017-19, si è contratto nel 2020 a 580 euro (12 per cento in meno sul 2019), quando i timori del contagio e le restrizioni alla mobilità connesse con la pandemia hanno fortemente ridotto la spesa per consumi, in particolare per i trasporti e per il tempo libero.
Le stime si basano i basano su criteri di ripartizione dei consumi rilevati per l’intero nucleo tra i diversi componenti e «non tengono conto del fatto che i genitori potrebbero decidere di comprimere i propri consumi per soddisfare pienamente quelli della prole», si legge.
Nel Centro Nord inoltre il più elevato costo degli immobili induce infatti le famiglie numerose a sacrificare maggiormente le altre voci di consumo per soddisfare la necessità di più ampi spazi abitativi.
Un altro dato interessante che ha rilevato Bankitalia è che nel 2019 oltre il 10 per cento delle donne che non lavorava e con figli minori di 3 anni dichiarava di non partecipare al mercato del lavoro a causa dell’assenza di servizi di cura (dei figli). Una maggiore disponibilità di questi ultimi potrà avere effetti positivi sull’offerta di lavoro sia nell’immediato, sia lungo tutta la vita lavorativa, poiché l’uscita delle madri dal mercato del lavoro alla nascita di un figlio si associa mediamente a una minore probabilità di impiego anche nel lungo periodo.