Non pagare le tasse è peccato

di Tommaso Cardinale, 18 febbraio 2022

Abbiamo visto come in Italia pagare le tasse non sia la normalità, per esempio dalle dichiarazioni dei redditi del 2019 risultava che nel 2018 metà degli italiani non avesse pagato nemmeno un euro di IRPEF. Gli insegnamenti della Chiesa Cattolica in tema di tasse sono molto chiari, e recentemente l’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, ha dichiarato: “L’evasione fiscale non è soltanto un reato ma anche un peccato”. Ma davvero non pagare le tasse è peccato, oppure è solo un’estremizzazione dell’economista? Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al punto 2409 la frode fiscale è inserita tra gli illeciti morali, quindi sì, non pagare volontariamente delle tasse dovute è un peccato, come anche pagare salari ingiusti e lo sperpero:

Ogni modo di prendere e di tenere ingiustamente i beni del prossimo, anche se non è in contrasto con le disposizioni della legge civile, è contrario al settimo comandamento. Così, tenere deliberatamente cose avute in prestito o oggetti smarriti; commettere frode nel commercio; pagare salari ingiusti; alzare i prezzi, speculando sull'ignoranza o sul bisogno altrui. Sono pure moralmente illeciti: la speculazione, con la quale si agisce per far artificiosamente variare la stima dei beni, in vista di trarne un vantaggio a danno di altri; la corruzione, con la quale si svia il giudizio di coloro che devono prendere decisioni in base al diritto; l'appropriazione e l'uso privato dei beni sociali di un'impresa; i lavori eseguiti male, la frode fiscale, la contraffazione di assegni e di fatture, le spese eccessive, lo sperpero. 

Zamagni aveva voluto ribadire questo concetto dopo le parole di papa Francesco sull’importanza di pagare le tasse, in un incontro con una delegazione dell’Agenzia delle Entrate:

La legalità in campo fiscale è un modo per equilibrare i rapporti sociali, sottraendo forze alla corruzione, alle ingiustizie e alle sperequazioni. [...] In realtà, la tassazione è segno di legalità e di giustizia. Deve favorire la redistribuzione delle ricchezze, tutelando la dignità dei poveri e degli ultimi, che rischiano sempre di finire schiacciati dai potenti. Il fisco, quando è giusto, è in funzione del bene comune.

Chiaramente sia il Papa che Zamagni hanno sottolineato l’altra faccia della medaglia, cioè l’importanza della corretta destinazione dei soldi versati dai contribuenti e la trasparenza che non deve portare chi gestisce i soldi di tutti ad arricchirsi impropriamente.

Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa la questione è approfondita ulteriormente (punto numero 355), spiegando come una fiscalità equa sia uno strumento virtuoso di sostegno dei più deboli, di crescita dell’occupazione e di sviluppo umano:

La finanza pubblica si orienta al bene comune quando si attiene ad alcuni fondamentali principi: il pagamento delle imposte come specificazione del dovere di solidarietà; razionalità ed equità nell'imposizione dei tributi; rigore e integrità nell'amministrazione e nella destinazione delle risorse pubbliche. Nel ridistribuire le risorse, la finanza pubblica deve seguire i principi della solidarietà, dell'uguaglianza, della valorizzazione dei talenti, e prestare grande attenzione a sostenere le famiglie, destinando a tal fine un'adeguata quantità di risorse.

Dal punto di vista della fede cattolica per i cristiani non pagare le tasse è un peccato sia perché ci si appropria indebitamente di un bene (le tasse dovute), ma anche perché non si esercita il dovere di solidarietà.

In Italia la FAAC,un’impresa di proprietà della diocesi di Bologna, proprio applicando i principi della Dottrina Sociale della Chiesa ha un fatturato virtuoso e un ottimo sistema di welfare aziendale e sociale.

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