La lettera di una prostituta è arrivata sulla scrivania della ministra tedesca Manuela Schwesig, che ha il compito di aggiornare la legge che regolamenta la prostituzione. Lei si chiama Frau Huske Mau. È l’autrice del testo che ha riacceso il dibattito sulla legalizzazione della prostituzione in Germania. Lei si è prostituita per 10 anni nei bordelli legalizzati e afferma che “la prostituzione non è mai una professione che si sceglie, ma che ammala anima e corpo e corrompe l’intera società”. Huske Mau racconta dei suoi incontri e dei suoi dialoghi con le prostitute che ha incontrato in questi anni. Assicura che “nessuna avrebbe scelto questa professione se ne avesse avuto la possibilità”. Prima di lei anche altre ex prostitute avevano parlato del fallimento della legalizzazione della prostituzione in Germania.
“In questi dieci anni ho incontrato molte prostitute e non c’era nessuna tra di loro che non fosse stata abusata da bambina, picchiata o violentata da adulta. Ho riscontrato un comportamento compulsivo a continuare a rivivere il trauma attraverso la prostituzione, l’autostima spezzata dalla violenza, in molte prostitute”.
Secondo Huske Mau, il 90% degli uomini tedeschi “hanno frequentato almeno una volta i bordelli e uno su tre è un frequentatore assiduo”. Il passaggio principale della sua lettera spiega che attraverso la prostituzione il cliente “compra il potere di abusare di una donna”.
“Quando la prostituzione è legalizzata, la domanda cresce, perché gli uomini imparano che è normale comprare un corpo di una donna, oltrepassare i limiti, avere il potere di violentare. La disponibilità cresce, il che significa che aumenta la prostituzione forzata. Questo a sua volta incrementa l’accettazione della prostituzione nella società, così la domanda cresce e così via”.
A spiegare che la legalizzazione della prostituzione non avrebbe aiutato a ridurre l’entità del fenomeno né tantomeno ridotto l’entità del traffico di esseri umani era stata una risoluzione votata dal Parlamento europeo.
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