Martedì 5 marzo la Corte costituzionale si riunirà per dibattere su una revisione della legge Merlin, che nel 1958 eliminò le case chiuse. Questo perché la Corte d’appello di Bari ha sollevato una questione circa l'autodeterminazione sessuale: perché dovrebbe essere illegale offrire prestazioni sessuali a pagamento quando a farlo è una donna maggiorenne, libera e consenziente?
La questione non è stata sollevata come manifesto di una riflessione condivisa sul ruolo e sulla dignità della donna nella nostra società, ma è figlia di un processo d’appello su un caso in cui erano coinvolte delle escort, considerate come “prostitute professionali”. In pratica qualcuno per difendersi dal reato di sfruttamento della prostituzione vorrebbe far sì che anche in presenza di scambio di denaro per un rapporto sessuale questa non si possa più definire prostituzione.
Sono otto le associazioni femministe impegnate nella difesa dei diritti della donna che si sono dichiarate contrarie a questa ipotesi di revisione e che hanno chiesto di essere ascoltate dalla Corte il 5 marzo: Differenza Donna Onlus, Rete per la Parità, Donne in quota, Coordinamento italiani della Lobby Europea delle Donne/Lef-Italia, Salute Donna, UDI, Resistenza Femminista e IROKO ONLUS.
Non ci può essere uguaglianza tra uomini e donne senza la lotta contro la violenza sessuale e il sessismo, inclusa la prostituzione
Considerare la prostituzione una forma peculiare di lavoro autonomo, secondo la portavoce di Donne in quota, è illusorio perché:
Il lavoro deve dare soddisfazione, sicurezza di sé, prestigio. La prostituzione non può essere considerato un lavoro e lo dimostra il fatto che la prostituta non è ben vista da nessuno, è considerata una paria
Le otto associazioni femministe italiane contrarie alla prostituzione presenteranno un documento per esprimersi in favore della legge Merlin e opporsi a una sua modifica.