I paradisi fiscali danneggiano la crescita economica in Europa

di Redazione, 21 gennaio 2020

Per sensibilizzare l’inizio della conferenza di Davos, Oxfam ha pubblicato due report che restituiscono l’immagine di un mondo in cui pochi ricchi sono sempre più ricchi e i molti poveri sono sempre più poveri.

Nei report viene evidenziato come l’ammontare di pochi patrimoni personali possa in linea teorica risolvere i problemi economici di moltissime persone. Ma cosa dire di quei patrimoni nascosti nei paradisi fiscali che sottraggono entrate ai singoli stati impedendo la ridistribuzione delle risorse in servizi, fondi per progetti e ammortizzatori sociali?

Sull’Internazionale sono riportate una serie di liste nere di paradisi fiscali utilizzati da imprenditori europei che avrebbero portato a una dispersione di circa 46 miliardi di euro dal 2004 al 2012.

Quali sono i paradisi fiscali

Le liste nere di paesi che favoriscono il fiorire di paradisi fiscali sono diverse e cambiano di anno in anno e a seconda dei parametri utilizzati. Dopo le liste nere ci sono delle liste grige, nei quali i paesi monitorati passano se mettono in atto dei provvedimenti per liberarsi dalla nomea di paradiso fiscale. 

Ecco alcuni paesi che ricorrono nelle diverse tassonomie sui paradisi fiscali o che passano continuamente da una lista nera a una grigia: Samoa, Bahrein, Barbados, Grenada, Guam, Corea del Sud, Macao, Isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Saint Lucia, Trinidad e Tobago, Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Isole Vergini degli Stati Uniti, Isole Marshall, Aruba, Belize, Bermuda, Figi, Oman, Vanuatu e Dominica, Svizzera, Albania, Mauritius, Costa Rica e Serbia.

Secondo il Tax justice network esistono due tipi di paradisi fiscali: il primo tipo è quello che agevola lo spostamento di capitali di grandi società e multinazionali grazie a un sistema di leggi poco trasparenti e a delle tassazioni squilibrate, il secondo è quello che garantisce massima segretezza e quindi poca collaborazione con gli organi di controllo. 

La povertà in Europa

Sebbene non si possa trovare una relazione diretta di causa ed effetto tra paradisi fiscali e povertà, in Europa il rischio di povertà e di esclusione sociale è molto concreto.

Infatti, lo riporta una ricerca di Eurostat, sono circa 109 milioni le persone che in Europa  (considerando anche il Regno Unito) sono a rischio di povertà assoluta e di esclusione sociale. In altri termini il 21,7% della popolazione.

Sebbene la situazione sia leggermente migliorata dal 2008, anno in cui a essere a rischio era il 25% degli abitanti d’Europa, oggi questa condizione continua a riguardare un numero considerevole di cittadini. 

In concreto il rischio di povertà ed esclusione sociale riguarda persone che ricevono aiuti statali (quel tipo di aiuto che aumenterebbe raccogliendo le tasse dai capitali nascosti nei paradisi fiscali), hanno scarsità di mezzi materiali o vivono in famiglie con una bassa intensità di lavoro. Nel 2018 in sette paesi, tra cui l’Italia, almeno un quarto della popolazione viveva in queste condizioni: Bulgaria (32,8%), Romania (32,5%), Grecia (31,8%), Lettonia (28,4%), Lituania (28,3%), Italia (27,3%) e Spagna (26,1%).

In particolare, nel nostro Paese, il 20,3% della popolazione ha ricevuto aiuti statali di qualche genere, l’8,5% vive nell’indigenza e l’11,3% vive in famiglie con bassa intensità di lavoro. In tutte e tre i casi la situazione è peggiorata dal 2008 a oggi (complessivamente gli abitanti a rischio erano il 25% nel 2008 e oggi il 27,3%). 

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