Il sistema pensionistico italiano

di Redazione, 26 novembre 2024

L'INPS ha chiuso il 2023 con un deficit di 61 miliardi di euro. Ma qual è l'origine di questa situazione?

Nel periodo del primo dopoguerra, l'Italia adottò il sistema di capitalizzazione: ogni cittadino riceveva una pensione proporzionale ai contributi che aveva versato durante la sua vita lavorativa. 

Tuttavia, con l'inflazione che esplose nei primi anni settanta, il valore dei contributi accumulati durante la carriera di un lavoratore subì una rapida erosione. Di fronte a questo scenario, si decise di modificare il sistema previdenziale. 

Fu allora che si adottò un "patto generazionale": i lavoratori non avrebbero più pagato per le loro pensioni future, avrebbero finanziato le pensioni dei lavoratori già in pensione. Da un sistema di capitalizzazione si passò così a un sistema di ripartizione.

Nel 1973, in pieno boom economico, la disparità tra lavoratori e pensionati era tale che l'INPS registrava un surplus, cioè incassava più contributi di quanto ne spendesse per pagare le pensioni. In questa fase, il governo italiano si trovò di fronte a due scelte: da una parte, poteva seguire l'esempio di paesi come la Norvegia o il Giappone, investendo quei fondi in progetti per generare ricchezza e garantire un futuro stabile alle generazioni successive; dall’altra, vi era la possibilità di sfruttare immediatamente quel surplus, con decisioni come l’introduzione delle cosiddette “baby pensioni”.

Fu questa seconda opzione a prevalere: in particolare nel settore pubblico, iniziò a diffondersi la prassi di pensionamenti anticipati, talvolta con meno di venti anni di lavoro, e con il sistema retributivo, che calcolava la pensione sull'ultima busta paga, generalmente la più alta della carriera.

Ma a partire dal 1992 il sistema previdenziale italiano entrò in difficoltà. La popolazione stava invecchiando rapidamente, e il passaggio a un sistema di capitalizzazione era ormai impraticabile. Le riforme furono tardive, e da allora il sistema delle pensioni ha continuato a essere una delle questioni più critiche per l’economia italiana.

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