Cosa è l'obolo di San Pietro? Quando nasce? Per cosa è stato usato nel corso dei secoli e degli ultimi anni? A queste domande risponde un articolo di Andrea Tornielli apparso su Vatican Insider.
«Il Papa sa bene che i soldi dell'Obolo di San Pietro nei momenti di bisogno vengono spesi per mantenere la Santa Sede e far funzionare le 180 rappresentanze diplomatiche in ogni parte del mondo...». Il monsignore gira e rigira tra le mani due grandi fogli con i dati relativi all'Obolo di San Pietro e alla sua utilizzazione nel 2014: «In opere caritative e di aiuto l'anno scorso sono stati spesi oltre 25 milioni di euro di quel fondo», afferma, rivelando un dato fino ad oggi sconosciuto.
Che cos'è l'Obolo di San Pietro?
La frase all'inizio della pagina web della Segreteria di Stato con i riferimenti per versare il denaro, spiega che si tratta di «un aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi».
Aiuto al Papa e aiuto ai poveri.
In entrambi libri di Vatileaks 2, che pubblicano le identiche carte della commissione Cosea, un capitolo riguarda la destinazione dell'Obolo. I dati dei libri di Fittipaldi e di Nuzzi non coincidono: il primo afferma correttamente che nel 2012 la raccolta è stata di 66 milioni, il secondo invece parla di soli 53,2 milioni. Entrambi concordano nell'affermare che oltre la metà di quei fondi viene spesa «per la Curia» (35,7 milioni) o accantonata come riserva (6,3), mentre 14,1 milioni vanno per attività caritative.
Storicamente il «Denarius Sancti Petri» ha origine nel VIII secolo in Inghilterra come offerta per sottolineare il legame con il Papa. È però nell'Ottocento che prende particolarmente piede. Nel 1849 i vescovi degli Usa raccolgono 25mila dollari per aiutare Pio IX in difficoltà economiche. E la denominazione viene definitivamente consacrata con l'enciclica «Saepe Venerabiles» del 1871, nella quale Papa Mastai, il quale l'anno prima aveva perso Roma e ciò che restava dello Stato Pontificio, ringrazia i cattolici di tutto il mondo per l'aiuto ricevuto. Da allora fino alla morte, nel 1878, Pio IX metterà da parte grazie all'Obolo 4,3 milioni l'anno, indispensabili per il sostentamento della Curia.
L'Obolo di San Pietro è servito durante la due guerre mondiali per aiutare popolazioni e comunità. Ma negli anni Ottanta, dopo il crack dell'Ambrosiano, durante il pontificato di Giovanni Paolo II, diverse volte l'intero ricavato è servito per coprire il deficit della Santa Sede. Nel 1991, ad esempio, il cardinale Edmund Szoka, allora presidente della Prefettura degli affari economici, a proposito del rosso di 114 miliardi di lire, comunicava: «anche quest'anno il disavanzo sarà coperto quasi tutto dall'Obolo che nel 1990 ha raggiunto la cifra record di circa 73 miliardi» di lire. Nel 1995 Szoka annunciava che il bilancio era tornato finalmente in attivo dopo ben 23 anni e l'Obolo poteva essere usato per finalità caritative.
La crisi economico-finanziaria del 2007 e gli investimenti sbagliati hanno reso necessario attingere a piene mani all'Obolo per ripianare i bilanci. Con Francesco c'è stato un aumento delle offerte, arrivate nel 2013 a 78 milioni di euro contro i 66 dell'anno precedente; cifre comunque inferiori ai livelli pre-crisi. La gestione dei fondi è affidata alla Segreteria di Stato.
Le sei pagine in formato A3, stampate fronte retro che contengono il resoconto dei versamenti attestano che dall'Obolo di San Pietro dell'anno scorso 25 milioni e mezzo di euro sono stati destinati a centinaia di beneficiari. «Ci sono molte nunziature in aree problematiche, come l'Uganda, l'India, il Bangladesh - spiega il nostro interlocutore leggendo i dati - Ci sono versamenti alla Delegazione apostolica di Gerusalemme e Palestina, a diocesi come quella di Les Cayes ad Haiti e Ouagadugou in Burkina Faso». Ci sono diversi contributi «Cor Unum», il dicastero che interviene nelle situazioni di crisi. Risultano versamenti a mense, dispensari pediatrici, come pure le donazioni che il Papa ha mandato in Iraq.
«Almeno dal pontificato di Paolo VI - scrive Francesco Peloso nel suo libro "La Banca del Papa" - la Segreteria di Stato aveva costituito un fondo d’emergenza, la cui provenienza era nota (le fonti erano l’Obolo di San Pietro e il contributo delle diocesi del mondo al papa), tornato utile più volte in situazioni critiche». Anche per tappare buchi di bilancio. Certo, il fatto che le offerte vengono utilizzate non soltanto per «la carità del Papa» ma anche per «sostenere» le necessità del Papa andrebbe enfatizzato di più nella comunicazione.