Anche la Cina deve fare i conti con il calo demografico | documentazione.info

Anche la Cina deve fare i conti con il calo demografico

di Raffale Buscemi, 3 maggio 2021

Il lungo e progressivo declino della popolazione cinese, anticipato da tempo dagli analisti, sarebbe già cominciato. Come riporta un articolo de "Linkiesta" in base all’ultimo censimento, completato a dicembre 2020 e non ancora pubblicato, la popolazione cinese sarebbe scesa sotto quota 1,4 miliardi. Lo riferisce in esclusiva il Financial Times, che è entrato in possesso del documento. Se i dati della ricerca fossero confermati, per la Repubblica Popolare sarebbe la prima contrazione demografica dall’inizio degli anni Sessanta e cioè dai tempi della carestia successiva al Grande balzo in avanti di Mao Zedong, responsabile, secondo alcune stime, di aver causato 30 milioni di morti (per le autorità, invece, tra il 1959 e il 1961 la popolazione cinese si sarebbe contratta di quasi 13,5 milioni di persone, ma queste statistiche sono considerate tuttavia troppo ottimistiche).

I dati dell’ultimo censimento dovevano essere pubblicati ad aprile 2021 ma potrebbe darsi che il governo cinese si stia mostrando cauto nel diffondere tali numeri perché avrebbe da temere una reazione negativa da parte dell’opinione pubblica. Pechino starebbe valutando attentamente le conseguenze di tale pubblicazione in quanto la materia è molto sensibile e rischia di provocare tensioni sociali, considerate le forti implicazioni dell’andamento demografico sulle prospettive di crescita dell’economica nazionale.

A marzo, la Cina ha annunciato che aumenterà gradualmente l’età pensionabile nei prossimi cinque anni. L’obiettivo è provare a porre rimedio al crescente invecchiamento della popolazione che, insieme al calo sensibile delle nascite, si traduce inevitabilmente in un restringimento sempre maggiore nella forza lavoro, un problema con cui il Paese presto o tardi sarà chiamato a confrontarsi.

Attualmente, in Cina la maggior parte degli uomini va in pensione a 60 anni; le donne a 55 se sono impiegate e a 50 se sono operaie. Gli standard attuali sono fissati su criteri relativi agli anni Cinquanta, quando l’aspettativa media di vita superava di poco i 40 anni. Sono criteri certamente obsoleti per la Cina di oggi, che da economia emergente si è imposta sulla scena internazionale quale grande potenza con l’ambizione di strappare agli Stati Uniti il primato di maggiore economia del mondo. Ma il problema demografico potrebbe ostacolare i sogni di Xi Jinping.

Grazie alla modernizzazione, oggi, secondo la Banca mondiale, l’aspettativa di vita in Cina ha raggiunto quota 77anni. Entro il 2025, più di 300 milioni di cittadini cinesi avranno più di 60 anni, come ha affermato lo stesso governo. L’innalzamento dell’età pensionabile non è certo un tema nuovo per la Repubblica Popolare, che già nel 2015 ha tentato di dare seguito al piano per poi abbandonarlo, forse per non incorrere in manifestazioni di dissenso, come è accaduto spesso in altri Paesi. Manifestazioni che tuttavia in Cina potrebbero mettere a rischio la tenuta del regime.

La discussa politica del figlio unico imposta alla fine degli anni Settanta ha contribuito al sensibile calo delle nascite. E, come ha rivelato lo studio di John Bongaarts e Christophe Z. Guilmoto nel 2015 (ne avevamo già parlato qui), potrebbero essere forse 62 milioni le donne mai nate in Cina a seguito di una selezione delle nascite che per 36 anni ha privilegiato la popolazione maschile a danno di quella femminile. Ma da quando la politica del figlio unico è stata abolita, nel 2016, non c’è stato il baby boom che Pechino si aspettava. Come si evince dallo studio realizzato dal sito Sina.com, solo una persona su tre ha dichiarato che potrebbe avere un secondo figlio.

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