USA: i ripensamenti a 41 anni dall'aborto

Raffaele Buscemi, 21 gennaio 2013

Dopo 41 anni di iniziative pro-life e di divisioni nell'opinione pubblica la cultura abortista statunitense sta vistosamente arretrando. Lo evidenziano i continui interventi degli stati americani, più di 300 nel triennio 2010-13, per cercare di razionalizzare l'accesso all'interruzione di gravidanza.  

 Già lo scorso anno, 40° anniversario della legalizzazione dell'aborto, lo affermò autorevolmente il famoso settimanale "Time", sottolineando che diverse cliniche abortiste hanno finito per chiudere i battenti, che alcuni emendamenti di legge hanno attenuato sensibilmente l'accesso sconsiderato alle pratiche abortive e che l’azione dei consultori e dell’attivismo pro-life ha prodotto effetti decisivi. Noi avevamo analizzato il fenomeno già nel 2012 registrando i sondaggi statunitensi per i quali continuavano a salire i cittadini pro-life.

 Adesso, a 41 anni dalla sentenza Roe contro Wade, che di fatto legalizzò l'aborto negli USA, il trend è notevolmente aumentato: solo nel 2013 sono state emanate dagli stati membri circa 70 restrizioni di varia natura.

  Le riflessioni alla base dell'intervento degli stati in questa direzione sono molteplici e non tutte legate a motivi confessionali o religiosi. Tra le regolamentazioni inserite, segnalate dal "New York Times", ci sono anche limiti di buonsenso come per esempio alcune restrizioni legate alle ragioni dell'aborto (in alcuni stati, per interrompere la gravidanza, era sufficiente che alla madre non andasse bene il sesso del nascituro). Altre riguardano il limite di tempo,  che varia da stato a stato, entro il quale si può abortire, fissando il periodo di possibile intervento a 6, 12 o 20 settimane dal concepimento. Altri stati invece, come North Dakota e il Kansas hanno posto restrizioni alla pratica dell'aborto riconoscendo la vita fin dal concepimento.

 

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