Meno nati significa anche meno iscritti all’università e un sistema dell’istruzione sempre meno sostenibile: nel 2040, tra soli 17 anni, 14 dei 15 atenei italiani più frequentati potrebbero avere fino al 20% in meno degli immatricolati fuori sede. È quanto elaborato dall’osservatorio Talents Venture nel report Università e demografia.
Come accaduto all’istruzione scolastica, anche quella universitaria è destinata a essere sempre di più per pochi. A meno che non avvengano degli inimmaginabili stravolgimenti della demografia in Italia, il declino massiccio degli iscritti alle università nel 2040 è segnato: infatti i giovani tra i 18 e i 21 anni costituiscono oggi circa il 90% degli immatricolati nelle università italiane, e tra 17 anni questi giovani saranno sempre di meno.
Questa proiezione è in linea sia con l’inarrestabile inverno demografico che prosegue da ormai otto anni (più di un milione e mezzo di residenti in meno in Italia dal 2015 a oggi), che con gli studi di settore che prevedono una sempre minore propensione dei diplomati a proseguire gli studi con l’Università.
A fare le spese per prima di questa contrazione di iscritti saranno i corsi di laurea con meno iscritti, perché meno sostenibili: come rileva Talents Venture, “nell’anno accademico 2021/22 il 18% dei corsi di laurea italiani aveva 20 iscritti o meno (una percentuale che sale al 24% se si considerano i soli corsi di laurea magistrali). Le situazioni più critiche sono rilevate in Basilicata, Sicilia e Molise”. In alcune regioni del sud, tra l’altro, sono previste riduzioni della popolazione pari al 30% di quella attuale, per cui la questione per il Mezzogiorno è ancora più stringente. Questo colpirà negativamente anche le università del centro e del nord, che accolgono normalmente molti studenti provenienti dalle regioni del sud. L’università La Sapienza, che è quella con più iscritti d'Italia, potrebbe registrare riduzioni degli immatricolati fuori sede da altre regioni del 6% nel 2030 rispetto ai valori del 2022, proprio a causa della diminuzione della popolazione di 18-21enni che in questi anni riguarderà Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.
Oltre a mettere in pericolo la qualità e la varietà dell’offerta formativa, l’inverno demografico colpirà l’università anche dal punto di vista economico: nel 2040 rispetto al 2020 le entrate potrebbero essere in difetto di circa 600 milioni di euro, che è più o meno quanto producono in un anno i sette atenei statali con il gettito maggiore dai corsi di laurea.
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