La prosperità dell’Italia dipende dalla natalità

Bruno Mastroianni
È notizia di qualche giorno fa, riportata da Le Monde e ripresa dai principali quotidiani italiani, che la Francia ha raggiunto il record di 830.000 nascite nel 2006. Con un indice di fecondità che raggiunge i 2 figli per donna, è al primo posto nella classifica dei paesi europei. I dati sono stati diffusi dall’Istituto statistico francese Insee. Come si è arrivati a questo risultato? Il 3% del prodotto interno lordo viene destinato agli aiuti alle famiglie, una serie di misure legislative hanno dato solide garanzie alle madri lavoratrici che non rischiano di vedere interrotta o rallentata la loro carriera a causa dei figli. Inoltre riduzioni e vantaggi alle famiglie per l’uso dei servizi essenziali: le scuole materne sono gratuite e il sistema fiscale è notevolmente addolcito.
Perché la Francia ha deciso di favorire la natalità? Non certo per un riflusso di tradizionalismo o per compiacere cattolici e movimenti pro-famiglia.  È stato un semplice calcolo economico: 830.000 bambini in più all’anno significheranno a lungo termine un maggiore numero di occupati, di consumatori e contribuenti. Questo sarà, a lungo termine,  un rimedio per gli squilibri crescenti del sistema di previdenze, che è in crisi in tutti i paesi europei. Nel breve periodo tra l’altro porterà ad un’espansione del settore degli impieghi legati alla cura e all’educazione dei bambini.
Sempre in questi giorni un rapporto sullo stato della famiglia in  Gran Bretagna ha evidenziato l’aggravio economico che comporta per lo Stato la situazione di disgregazione delle famiglie inglesi. Le donne separate sono in media il 18% più povere degli uomini e hanno bisogno di sostegno statale per tirare aventi e avere un alloggio. Venendo meno la stabilità e la serenità familiare cresce anche il numero di anziani lasciati a se stessi di cui deve farsi carico il sistema previdenziale, oltre all’aumento della criminalità: il 70% dei detenuti dichiara di provenire da una famiglia disgregata. Questa situazione costa allo Stato circa 20 miliardi di sterline l’anno.
Ma veniamo al nostro Paese. In Italia il tasso di fecondità si assesta a 1,3 figli per donna, ciò la rende terzultima nella classifica europea. A fare difetto - come rileva l’Istat nel rapporto di recente pubblicazione “Essere madri in italia, anno 2005” - non è la mancanza di voglia di fare figli: il numero “atteso” di figli per le madri italiane è in media di 2,19 ma il numero effettivo nel 2005 è stato di soli 1,33. Perché? Le madri hanno dichiarato che l’impatto con difficoltà economiche, di lavoro e di organizzazione si è tradotto in una rinuncia ad affrontare nuove gravidanze. Le motivazioni? Perdita del lavoro per licenziamento oppure notevoli disagi per la cura dei figli: solo il 27,8 per cento frequenta un asilo pubblico o privato mentre nel 52,3 per cento dei casi i figli vengono affidati ai nonni. Il 28,3 per cento delle madri che non si avvalgono di un asilo nido lo avrebbe fatto se non fosse così alta la retta o se avessero trovato posto.
Di fronte a questi dati sorprende come nel dibattito politico e mediatico di questi giorni si insista a discutere su temi come eutanasia e riconoscimento delle coppie di fatto, attribuendo a queste questioni la necessità “urgente” di legislazione e regolamentazione.
L’urgenza di questa necessità è alquanto dubbia visti i dati. Il nostro Paese, come molti altri in Europa, ha un vero grande problema: quello di porre rimedio allo squilibrio del sistema previdenziale che si sta sempre più aggravando a causa dell’invecchiamento della popolazione. Sempre più si sta andando in direzione di un paese di anziani, con poca forza lavoro giovane, e quindi pochi contribuenti, e molti soggetti che pesano sulle casse dello stato (pensionati, disabili, malati gravi ecc.).  
Sorprende quanto spazio sui media viene dedicato a come dare una buona morte agli anziani o come dare sostegno e riconoscimento a chi non si vuole sposare. Mentre di quei giovani che sono disposti a mettere su famiglia se ne parla poco. Eppure la Francia insegna e l’Inghilterra se ne sta rendendo conto. Sono sufficienti alcune riforme: garantire alle donne la possibilità di continuare a lavorare anche se diventano madri, rendere gratis o comunque molto meno dispendiosi asili nido e servizi all’infanzia, ridurre la precarietà del lavoro giovanile.
Questo è urgente in Italia: mettere i giovani in condizione di stabilità economica, permettersi una casa e fare carriera anche se fanno figli. Questo genererebbe vera ricchezza per tutto il Paese. Si avrebbe una ripresa della natalità e della stabilità familiare con tutti i vantaggi economici e sociali che comportano.
Una volta presa questa direzione per risolvere le vere urgenze, allora sì che ci si potrebbe dedicare alle altre questioni importanti ma sicuramente, lo dicono i dati, meno urgenti.
Il sospetto che allora affiora è che forse in Italia succede la stessa cosa che accade in alcune città Brasiliane in cui il sindaco si dedica ad abbellire le aiuole delle strade e a dare incentivi per la tv satellitare, mentre in città non esiste un sistema di fogne che richiede un impegno prolungato, oltre il mandato politico, ed è troppo poco visibile ai cittadini per favorire la rielezione.




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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