Il Velino, 5 luglio 2007
Nel 2006: 379mila persone in più, di cui 222mila straniere
Al 31 dicembre 2006 la popolazione complessiva dell’Italia sfiora i 60 milioni. Per la precisione, l’Istat rileva che nel Belpaese gli abitanti dichiarati - sulla base del 14esimo censimento generale della popolazione effettuato il 21 ottobre 2001 - risultano pari a 59.131.287 unità, mentre alla stessa data del 2005 ammontavano a 58.751.711. Nel 2006 si è registrato un incremento della popolazione residente di 379.576 unità, pari allo 0,6 per cento, dovuto quasi completamente alle migrazioni dall’estero e alle rettifiche post-censuarie. Complessivamente, infatti, la variazione di popolazione è stata determinata dalla somma delle seguenti voci di bilancio: il saldo del movimento naturale pari a +2.118 unità, il saldo del movimento migratorio con l’estero pari a +222.410, un incremento dovuto alle rettifiche post-censuarie e al saldo interno pari a +155.048 unità.
Al Nord più immigrati del Sud
La crescita della popolazione però, segnalano dall’Istat, non è uniforme sul territorio nazionale in conseguenza di bilanci naturali e migratori molto diversi. Si conferma anche per il 2006 un movimento migratorio, sia interno sia dall’estero, indirizzato soprattutto verso le regioni del Nord e del Centro, e un saldo naturale che risulta positivo solo nelle regioni del Sud e nelle Isole. (…) La stima della quota di stranieri sulla popolazione totale è pari a cinque stranieri ogni 100 individui residenti, e risulta in crescita rispetto al 2005 (4,5 stranieri ogni 100 residenti). L’incidenza della popolazione straniera è più elevata in tutto il Centro-Nord (rispettivamente 7,2 e 6,8 per cento nel Nord-est e nel Nord-ovest e 6,4 per cento nel Centro), mentre nel Mezzogiorno la quota di stranieri residenti è dell’1,6 per cento circa.
2.118 italiani in più nel 2006
Nel corso del 2006, rileva l’Istituto guidato da Luigi Biggeri, sono nati 560.010 bambini (5.988 nati in più rispetto all’anno precedente) e sono morte 557.892 persone (9.412 in meno rispetto all’anno precedente). Pertanto il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato pari a 2.118 unità, leggermente positivo come nel 2004, primo anno di interruzione della serie negativa a partire dal 1993. Il saldo naturale è positivo nel Mezzogiorno mentre nel Centro-Nord si conferma negativo. Il numero dei nati è in aumento rispetto all’anno precedente. L’incremento si registra soprattutto nelle regioni del Centro (+2,6 per cento), del Nord-Ovest (+2,5 per cento) e del Nord-Est (+1,8 per cento), mentre nelle regioni meridionali (-0,9 per cento) e nelle Isole (-1,3 per cento) continua la tendenza al decremento.
L’incidenza delle nascite di bambini stranieri: 10% dei nati
Complessivamente, si conferma una tendenza all’aumento nel lungo periodo: l’ammontare complessivo di nascite risulta più elevato di quello relativo a tutti i dodici anni precedenti, a eccezione del 2004. Tale tendenza è da mettere in relazione alla maggior presenza straniera regolare. Negli ultimi dodici anni, infatti, l’incidenza delle nascite di bambini stranieri sul totale dei nati della popolazione residente in Italia ha fatto registrare un fortissimo incremento, passando dall’1,7 per cento al 10,3 per cento del totale dei nati vivi; in valori assoluti da poco più di novemila nati nel 1995 a quasi 58 mila nel 2006. In particolare, nelle regioni del Centro-Nord si registrano valori percentuali di gran lunga superiori alla media nazionale. Si tratta delle aree del Paese con una tradizione migratoria più forte e con una presenza straniera più stabile e radicata. Infatti, nelle due ripartizioni del Nord i bambini nati da genitori stranieri sono circa il 16 per cento; tale incidenza si attenua nelle regioni del Centro (dodici nati stranieri ogni 100 nati) per ridursi notevolmente nel Mezzogiorno (solo due bambini stranieri ogni 100).
Il tasso di natalità
Il tasso di natalità varia da 7,5 nati per mille abitanti in Liguria a 11,1 nella provincia autonoma di Bolzano, rispetto ad una media nazionale di 9,5 per mille. Tra le regioni del Nord-ovest il tasso di natalità più elevato si registra in Lombardia (dieci per mille) e Valle d’Aosta (dieci per mille). Nel Nord-est, registrano un tasso di natalità superiore alla media nazionale Bolzano e Trento (11,1 e 10,3 nati per mille abitanti) e il Veneto (9,9 per mille). Le regioni del Centro presentano tutte, tranne il Lazio (9,8 per mille), un tasso di natalità con valori inferiori alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, la Campania presenta il tasso di natalità più elevato in assoluto (10,8 per mille) e supera la media nazionale, così come la Sicilia (dieci per mille), mentre la Sardegna presenta un valore tra i più bassi, pari appena all’otto per mille.
Numero di decessi inferiore al 2005
Il numero di decessi è inferiore a quello dell’anno precedente. Il tasso di mortalità è ovviamente più elevato nelle regioni a più forte invecchiamento: Liguria, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna presentano tassi di mortalità superiori alla media nazionale (9,5 per mille). A queste si aggiungono tutte le regioni del Centro, con la sola eccezione del Lazio, dove il tasso di mortalità è inferiore alla media nazionale (9,1 per mille). Tra le regioni del Mezzogiorno, solo il Molise e la Basilicata presentano un tasso di mortalità (rispettivamente 11,2 e 9,6) più elevato della media nazionale. Le altre regioni, “più giovani”, fanno registrare tutte valori inferiori al 9,5 per mille. Al contrario di quanto avviene per la natalità, per la mortalità il peso degli stranieri risulta irrilevante, a causa della composizione per età particolarmente giovane rispetto alla popolazione italiana.
222mila stranieri in più
Come già da diversi anni, l’incremento demografico dell’Italia è garantito da un saldo migratorio con l’estero positivo. Nel corso del 2006, prosegue la nota dell’Istat, sono state iscritte in anagrafe come provenienti dall’estero 297.640 persone, mentre ammontano a 75.230 le cancellazioni di persone residenti in Italia trasferitesi all’estero. Tra gli iscritti, gli italiani che rientrano dopo un periodo di permanenza all’estero rappresentano poco più del 14 per cento. La larga maggioranza è costituita da cittadini stranieri, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro (oltre il 90 per cento), mentre la quota di stranieri è meno significativa nelle regioni del Mezzogiorno. Viceversa, tra i cancellati per l’estero prevalgono gli italiani, che sono circa il 77 per cento del totale. Complessivamente, il bilancio migratorio con l’estero, pari a +222.410, è dovuto a un saldo fortemente positivo per gli stranieri, superiore a 237 mila unità, che compensa il saldo lievemente negativo relativo alla sola componente italiana (-15 mila unità). Il saldo relativo ai cittadini stranieri, pur consistente, è inferiore di circa 30 mila unità a quello dell’anno precedente. Il Nord e il Centro presentano tassi migratori con l’estero superiori alla media nazionale. Viceversa, tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori ben inferiori alla media. Tuttavia, il bilancio con l’estero risulta positivo per tutte le regioni e il corrispondente tasso varia da 0,3 per mille in Basilicata e Calabria a 6,4 di Trento, rispetto a una media nazionale del 3,8 per mille. (…)
Il tasso di fecondità aumenta leggermente al Nord e diminuisce al Sud
La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2006 vive per il 99,4 per cento in famiglie. Le famiglie anagrafiche – segnala una nota dell’Istat - sono 23 milioni e 900 mila circa; il numero medio di componenti per famiglia risulta pressoché invariato rispetto all’anno precedente ed è pari a 2,5. Il valore minimo è di 2,1 e si rileva in Liguria, mentre il massimo è 2,8 in Campania. Il restante 0,6 per cento della popolazione, pari a 328 mila abitanti, vive in convivenze anagrafiche (caserme, case di riposo, carceri, conventi). La popolazione residente nelle convivenze si concentra nel Nord e nel Centro. Secondo le stime più recenti, nel 2006 il tasso di fecondità totale è stato pari a 1,35 figli per donna. Si conferma, pertanto, la leggera tendenza alla ripresa avviatasi nella seconda metà degli anni ’90, dopo che per 30 anni, a partire dal 1965, la fecondità italiana era andata continuamente riducendosi fino a raggiungere il minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. Questa l’evoluzione nelle diverse ripartizioni geografiche: l’aumento del numero medio di figli per donna è concentrato al Centro-Nord (con aumenti, tra il 1995 e il 2006, superiori al 30 per cento per il Nord-est e il Nord-ovest e di oltre il 19 per cento al Centro), mentre nel Mezzogiorno la fecondità, continua a diminuire (rispettivamente – 6,5 per cento al Sud e -4,2 per cento nelle Isole). Le opposte tendenze hanno determinato negli ultimi anni un avvicinamento dei livelli di fecondità territoriali intorno al dato medio nazionale (1,39 e 1,36 figli per donna al Nord-Est e al Nord-Ovest, 1,33 al Sud, 1,32 al Centro e nelle Isole). La progressiva convergenza dei livelli fa sì che ai primi posti nella graduatoria delle regioni con la maggiore propensione ad avere figli si trovino, nel 2006, sia aree storicamente note per essere prolifiche, come Bolzano e Trento (rispettivamente 1,57 e 1,50 figli per donna), la Campania (1,44) e la Sicilia (1,40), sia regioni che avevano raggiunto a metà degli anni ’90 un livello di fecondità estremamente basso, intorno o al di sotto di un figlio per donna, come la Lombardia (1,41), il Veneto e l’Emilia-Romagna (1,39).
Le donne immigrate hanno un tasso di fecondità doppio delle italiane
Queste dinamiche presentano numerose analogie con la distribuzione territoriale dei nati da residenti di cittadinanza straniera, a indicare che al fenomeno della ripresa della fecondità della popolazione residente stanno contribuendo in modo rilevante i comportamenti riproduttivi degli stranieri. Sulla base dei dati definitivi del 2005 è possibile considerare la fecondità per le donne italiane e per le donne straniere separatamente: le prime hanno avuto in media 1,24 figli, mentre le donne straniere ne hanno avuto quasi il doppio (2,41). I livelli più elevati di fecondità si registrano tra le straniere residenti nel Nord-ovest e nel Nord-est: rispettivamente 2,50 e 2,61 figli per donna contro 1,17 e 1,19 figli delle residenti di cittadinanza italiana. Hanno in media un numero più contenuto di figli le straniere che risiedono al Sud e nelle Isole (rispettivamente 1,99 e 2,25 figli per donna), dove la fecondità delle donne italiane è ancora relativamente elevata (1,31 figli per donna). L’impatto dei comportamenti riproduttivi delle donne straniere sui livelli di fecondità della popolazione residente è ancora più evidente quando si considera il dettaglio territoriale provinciale, sottolineano dall’Istituto di statistica. Si citano in particolare i casi di Verona, Vicenza e soprattutto Treviso in Veneto; Lecco, Bergamo e Brescia in Lombardia; Modena e Reggio nell’Emilia in Emilia-Romagna; Prato in Toscana. In queste province, grazie al contributo delle donne straniere, i tassi di fecondità raggiungono nel 2005 livelli ben più elevati della media nazionale (1,35 figli per donna) mentre, quando si considerano le sole donne italiane, si collocano a livelli di molto inferiori. Nel Mezzogiorno, dove il contributo degli stranieri alla natalità è ridotto, Campania e Sicilia mantengono nel 2005 livelli di fecondità superiori alla media nazionale grazie al comportamento riproduttivo delle donne italiane. (…)
Al 31 dicembre 2006 la popolazione complessiva dell’Italia sfiora i 60 milioni. Per la precisione, l’Istat rileva che nel Belpaese gli abitanti dichiarati - sulla base del 14esimo censimento generale della popolazione effettuato il 21 ottobre 2001 - risultano pari a 59.131.287 unità, mentre alla stessa data del 2005 ammontavano a 58.751.711. Nel 2006 si è registrato un incremento della popolazione residente di 379.576 unità, pari allo 0,6 per cento, dovuto quasi completamente alle migrazioni dall’estero e alle rettifiche post-censuarie. Complessivamente, infatti, la variazione di popolazione è stata determinata dalla somma delle seguenti voci di bilancio: il saldo del movimento naturale pari a +2.118 unità, il saldo del movimento migratorio con l’estero pari a +222.410, un incremento dovuto alle rettifiche post-censuarie e al saldo interno pari a +155.048 unità.
Al Nord più immigrati del Sud
La crescita della popolazione però, segnalano dall’Istat, non è uniforme sul territorio nazionale in conseguenza di bilanci naturali e migratori molto diversi. Si conferma anche per il 2006 un movimento migratorio, sia interno sia dall’estero, indirizzato soprattutto verso le regioni del Nord e del Centro, e un saldo naturale che risulta positivo solo nelle regioni del Sud e nelle Isole. (…) La stima della quota di stranieri sulla popolazione totale è pari a cinque stranieri ogni 100 individui residenti, e risulta in crescita rispetto al 2005 (4,5 stranieri ogni 100 residenti). L’incidenza della popolazione straniera è più elevata in tutto il Centro-Nord (rispettivamente 7,2 e 6,8 per cento nel Nord-est e nel Nord-ovest e 6,4 per cento nel Centro), mentre nel Mezzogiorno la quota di stranieri residenti è dell’1,6 per cento circa.
2.118 italiani in più nel 2006
Nel corso del 2006, rileva l’Istituto guidato da Luigi Biggeri, sono nati 560.010 bambini (5.988 nati in più rispetto all’anno precedente) e sono morte 557.892 persone (9.412 in meno rispetto all’anno precedente). Pertanto il saldo naturale, dato dalla differenza tra nati e morti, è risultato pari a 2.118 unità, leggermente positivo come nel 2004, primo anno di interruzione della serie negativa a partire dal 1993. Il saldo naturale è positivo nel Mezzogiorno mentre nel Centro-Nord si conferma negativo. Il numero dei nati è in aumento rispetto all’anno precedente. L’incremento si registra soprattutto nelle regioni del Centro (+2,6 per cento), del Nord-Ovest (+2,5 per cento) e del Nord-Est (+1,8 per cento), mentre nelle regioni meridionali (-0,9 per cento) e nelle Isole (-1,3 per cento) continua la tendenza al decremento.
L’incidenza delle nascite di bambini stranieri: 10% dei nati
Complessivamente, si conferma una tendenza all’aumento nel lungo periodo: l’ammontare complessivo di nascite risulta più elevato di quello relativo a tutti i dodici anni precedenti, a eccezione del 2004. Tale tendenza è da mettere in relazione alla maggior presenza straniera regolare. Negli ultimi dodici anni, infatti, l’incidenza delle nascite di bambini stranieri sul totale dei nati della popolazione residente in Italia ha fatto registrare un fortissimo incremento, passando dall’1,7 per cento al 10,3 per cento del totale dei nati vivi; in valori assoluti da poco più di novemila nati nel 1995 a quasi 58 mila nel 2006. In particolare, nelle regioni del Centro-Nord si registrano valori percentuali di gran lunga superiori alla media nazionale. Si tratta delle aree del Paese con una tradizione migratoria più forte e con una presenza straniera più stabile e radicata. Infatti, nelle due ripartizioni del Nord i bambini nati da genitori stranieri sono circa il 16 per cento; tale incidenza si attenua nelle regioni del Centro (dodici nati stranieri ogni 100 nati) per ridursi notevolmente nel Mezzogiorno (solo due bambini stranieri ogni 100).
Il tasso di natalità
Il tasso di natalità varia da 7,5 nati per mille abitanti in Liguria a 11,1 nella provincia autonoma di Bolzano, rispetto ad una media nazionale di 9,5 per mille. Tra le regioni del Nord-ovest il tasso di natalità più elevato si registra in Lombardia (dieci per mille) e Valle d’Aosta (dieci per mille). Nel Nord-est, registrano un tasso di natalità superiore alla media nazionale Bolzano e Trento (11,1 e 10,3 nati per mille abitanti) e il Veneto (9,9 per mille). Le regioni del Centro presentano tutte, tranne il Lazio (9,8 per mille), un tasso di natalità con valori inferiori alla media nazionale. Nel Mezzogiorno, la Campania presenta il tasso di natalità più elevato in assoluto (10,8 per mille) e supera la media nazionale, così come la Sicilia (dieci per mille), mentre la Sardegna presenta un valore tra i più bassi, pari appena all’otto per mille.
Numero di decessi inferiore al 2005
Il numero di decessi è inferiore a quello dell’anno precedente. Il tasso di mortalità è ovviamente più elevato nelle regioni a più forte invecchiamento: Liguria, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna presentano tassi di mortalità superiori alla media nazionale (9,5 per mille). A queste si aggiungono tutte le regioni del Centro, con la sola eccezione del Lazio, dove il tasso di mortalità è inferiore alla media nazionale (9,1 per mille). Tra le regioni del Mezzogiorno, solo il Molise e la Basilicata presentano un tasso di mortalità (rispettivamente 11,2 e 9,6) più elevato della media nazionale. Le altre regioni, “più giovani”, fanno registrare tutte valori inferiori al 9,5 per mille. Al contrario di quanto avviene per la natalità, per la mortalità il peso degli stranieri risulta irrilevante, a causa della composizione per età particolarmente giovane rispetto alla popolazione italiana.
222mila stranieri in più
Come già da diversi anni, l’incremento demografico dell’Italia è garantito da un saldo migratorio con l’estero positivo. Nel corso del 2006, prosegue la nota dell’Istat, sono state iscritte in anagrafe come provenienti dall’estero 297.640 persone, mentre ammontano a 75.230 le cancellazioni di persone residenti in Italia trasferitesi all’estero. Tra gli iscritti, gli italiani che rientrano dopo un periodo di permanenza all’estero rappresentano poco più del 14 per cento. La larga maggioranza è costituita da cittadini stranieri, soprattutto nelle regioni del Nord e del Centro (oltre il 90 per cento), mentre la quota di stranieri è meno significativa nelle regioni del Mezzogiorno. Viceversa, tra i cancellati per l’estero prevalgono gli italiani, che sono circa il 77 per cento del totale. Complessivamente, il bilancio migratorio con l’estero, pari a +222.410, è dovuto a un saldo fortemente positivo per gli stranieri, superiore a 237 mila unità, che compensa il saldo lievemente negativo relativo alla sola componente italiana (-15 mila unità). Il saldo relativo ai cittadini stranieri, pur consistente, è inferiore di circa 30 mila unità a quello dell’anno precedente. Il Nord e il Centro presentano tassi migratori con l’estero superiori alla media nazionale. Viceversa, tutte le regioni del Mezzogiorno presentano valori ben inferiori alla media. Tuttavia, il bilancio con l’estero risulta positivo per tutte le regioni e il corrispondente tasso varia da 0,3 per mille in Basilicata e Calabria a 6,4 di Trento, rispetto a una media nazionale del 3,8 per mille. (…)
Il tasso di fecondità aumenta leggermente al Nord e diminuisce al Sud
La popolazione residente in Italia al 31 dicembre 2006 vive per il 99,4 per cento in famiglie. Le famiglie anagrafiche – segnala una nota dell’Istat - sono 23 milioni e 900 mila circa; il numero medio di componenti per famiglia risulta pressoché invariato rispetto all’anno precedente ed è pari a 2,5. Il valore minimo è di 2,1 e si rileva in Liguria, mentre il massimo è 2,8 in Campania. Il restante 0,6 per cento della popolazione, pari a 328 mila abitanti, vive in convivenze anagrafiche (caserme, case di riposo, carceri, conventi). La popolazione residente nelle convivenze si concentra nel Nord e nel Centro. Secondo le stime più recenti, nel 2006 il tasso di fecondità totale è stato pari a 1,35 figli per donna. Si conferma, pertanto, la leggera tendenza alla ripresa avviatasi nella seconda metà degli anni ’90, dopo che per 30 anni, a partire dal 1965, la fecondità italiana era andata continuamente riducendosi fino a raggiungere il minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995. Questa l’evoluzione nelle diverse ripartizioni geografiche: l’aumento del numero medio di figli per donna è concentrato al Centro-Nord (con aumenti, tra il 1995 e il 2006, superiori al 30 per cento per il Nord-est e il Nord-ovest e di oltre il 19 per cento al Centro), mentre nel Mezzogiorno la fecondità, continua a diminuire (rispettivamente – 6,5 per cento al Sud e -4,2 per cento nelle Isole). Le opposte tendenze hanno determinato negli ultimi anni un avvicinamento dei livelli di fecondità territoriali intorno al dato medio nazionale (1,39 e 1,36 figli per donna al Nord-Est e al Nord-Ovest, 1,33 al Sud, 1,32 al Centro e nelle Isole). La progressiva convergenza dei livelli fa sì che ai primi posti nella graduatoria delle regioni con la maggiore propensione ad avere figli si trovino, nel 2006, sia aree storicamente note per essere prolifiche, come Bolzano e Trento (rispettivamente 1,57 e 1,50 figli per donna), la Campania (1,44) e la Sicilia (1,40), sia regioni che avevano raggiunto a metà degli anni ’90 un livello di fecondità estremamente basso, intorno o al di sotto di un figlio per donna, come la Lombardia (1,41), il Veneto e l’Emilia-Romagna (1,39).
Le donne immigrate hanno un tasso di fecondità doppio delle italiane
Queste dinamiche presentano numerose analogie con la distribuzione territoriale dei nati da residenti di cittadinanza straniera, a indicare che al fenomeno della ripresa della fecondità della popolazione residente stanno contribuendo in modo rilevante i comportamenti riproduttivi degli stranieri. Sulla base dei dati definitivi del 2005 è possibile considerare la fecondità per le donne italiane e per le donne straniere separatamente: le prime hanno avuto in media 1,24 figli, mentre le donne straniere ne hanno avuto quasi il doppio (2,41). I livelli più elevati di fecondità si registrano tra le straniere residenti nel Nord-ovest e nel Nord-est: rispettivamente 2,50 e 2,61 figli per donna contro 1,17 e 1,19 figli delle residenti di cittadinanza italiana. Hanno in media un numero più contenuto di figli le straniere che risiedono al Sud e nelle Isole (rispettivamente 1,99 e 2,25 figli per donna), dove la fecondità delle donne italiane è ancora relativamente elevata (1,31 figli per donna). L’impatto dei comportamenti riproduttivi delle donne straniere sui livelli di fecondità della popolazione residente è ancora più evidente quando si considera il dettaglio territoriale provinciale, sottolineano dall’Istituto di statistica. Si citano in particolare i casi di Verona, Vicenza e soprattutto Treviso in Veneto; Lecco, Bergamo e Brescia in Lombardia; Modena e Reggio nell’Emilia in Emilia-Romagna; Prato in Toscana. In queste province, grazie al contributo delle donne straniere, i tassi di fecondità raggiungono nel 2005 livelli ben più elevati della media nazionale (1,35 figli per donna) mentre, quando si considerano le sole donne italiane, si collocano a livelli di molto inferiori. Nel Mezzogiorno, dove il contributo degli stranieri alla natalità è ridotto, Campania e Sicilia mantengono nel 2005 livelli di fecondità superiori alla media nazionale grazie al comportamento riproduttivo delle donne italiane. (…)