Negli ultimi anni si parla molto di matrimoni omosessuali, discriminazione, ecc. È interessante vedere dove affonda le radici questo tema ormai imprescindibile nel dibattito culturale di ogni paese.
Verso la fine degli anni ’80 la rivoluzione omosessualista, che si ispirava alla lotta di classe di impronta marxista, conobbe un momento di crisi: gli atti omosessuali provocatori in luogo pubblico, la bizzarria dei travestimenti, il sadomasochismo esibiti in parate “dell’orgoglio gay” e la vicinanza con associazioni pedofile (Nambla), anziché migliorare l’accettazione sociale dell’omosessualità, avevano accresciuto nella società diffidenza e antipatia nei confronti dell’omosessualità e del movimento gay.
Nel 1989 due intellettuali gay, Marshall Kirk (ricercatore in neuropsichiatria) e Hunter Madsen (esperto di tattiche di persuasione pubblica e social marketing) furono incaricati di redigere un Manifesto gay per gli anni '90: il risultato è il libro “After the ball”, un vero e proprio manuale di strategia per combattere il “bigottismo antigay”.
Roberto Marchesini, psicologo, ha analizzato in un articolo i contenuti di questo testo:
«The gay revolution has failed», «La rivoluzione gay è fallita» (p. XV): secondo gli autori il movimento gay degli anni 1970 e 1980, ispirandosi al modello marxista, ha collezionato una serie di fallimenti che hanno reso la comunità gay ancor più isolata e mal vista dal resto della popolazione.
Gli anni ‘90 presentano una nuova possibilità per rilanciare la Rivoluzione gay. Cosa rende questi anni particolarmente adatti? Gli autori lo spiegano: «Per quanto cinico possa sembrare, l'Aids ci dà una possibilità, benché piccola, di affermarci come una minoranza vittimizzata che merita legittimamente l'attenzione e la protezione dell'America» (p. XXVII).
Kirk e Madsen intendono analizzare il fallimento e proporre strumenti concreti per sfruttare la nuova possibilità offerta dall'Aids al movimento gay: «Pensiamo a una strategia accurata e potente quanto quella che i gay sono accusati dai loro nemici di perseguire - o, se preferite, a un piano altrettanto manipolatorio quanto quello sviluppato dai nostri stessi nemici. [...] I gay devono lanciare una campagna su larga scala - che noi abbiamo chiamato Waging Peace campaign - per raggiungere gli eterosessuali attraverso i media commerciali. Stiamo parlando di propaganda» (p. 160).
Gli errori del passato
Gli autori segnalano tre tecniche sbagliate utilizzate in passato, spiegando i limiti di ciascuna di esse:
1. "La discussione, o l'aumento della consapevolezza" (p. 136). Questa tattica non ha funzionato, secondo Kirk e Madsen, perché fondata sul presupposto erroneo che il pregiudizio - tale sarebbe il "bigottismo antigay" - non è una credenza che si possa confutare argomentando, ma un sentimento da affrontare come tale.
2. "Il combattimento, o l'assalto alle barricate" (p. 140). Questa tattica ha avuto, secondo gli autori, l'effetto di suscitare irritazione e fastidio negli eterosessuali; pertanto è da ritenersi dannosa.
3. "Lo shock, o l'inversione di genere" (p. 144). Il riferimento in questo caso è alle marce dell'orgoglio gay, che in genere hanno lo scopo di affermare in modo provocatorio la cultura gay come "diversa". Poiché l'obiettivo è quello di cambiare la mentalità della società, tali manifestazioni di affermazione della "diversità" sono controproducenti. Invece, si deve «[...] per prima cosa mettere un piede nella porta, rendendosi il più simile possibile a loro; dopo, e solamente dopo - quando l'unica tua piccola differenza è stata accettata - puoi iniziare a imporre altre tue caratteristiche, una alla volta» (p. 146).
La nuova strategia
Gli autori propongono tre tattiche nuove, che si possono riassumere in questo modo:
1. La “desensibilizzazione”: come tutti i meccanismi di difesa psico-fisiologici, anche il pregiudizio antigay può diminuire con l’esposizione prolungata all’oggetto percepito come minaccioso. Bisogna quindi “inondare” la società di messaggi omosessuali per “desensibilizzare” la società nei confronti della minaccia omosessuale;
2. È necessario presentare messaggi che creino una dissonanza interna nei “bigotti antigay”. Ad esempio, a soggetti che rifiutano l’omosessualità per motivi religiosi, occorre mostrare come l’odio e la discriminazione non siano “cristiani”. Allo stesso modo, vanno enfatizzate le sofferenze provocate agli omosessuali dalla crudeltà omofobica.
3. La “conversione”: suscitare sentimenti uguali e contrari rispetto a quelli del “bigottismo antigay”. Bisogna infondere nella popolazione dei sentimenti positivi nei confronti degli omosessuali e negativi nei confronti dei “bigotti antigay”, paragonandoli, ad esempio, ai nazisti, o istillando il dubbio che il loro atteggiamento sia la conseguenza di paure irrazionali e insane (la cosiddetta “omofobia”).
Le pagine riguardanti questa stategia si possono leggere in lingua originale qui.
Kirk e Madsen declinano queste tre tattiche in una serie di strategie e principi pratici.
- Si individuano tre gruppi di persone, distinti in base al loro atteggiamento nei confronti del movimento gay: gli “intransigenti”, stimati in circa il 30-35% della popolazione; gli “amici” (25-30%) e gli “scettici ambivalenti” (35-45%). Questi ultimi rappresentano il target designato: a loro bisogna dedicare gli sforzi applicando le tecniche di desensibilizzazione (con quelli meno favorevoli) e di dissonanza e conversione (con i più favorevoli). Le altre due categorie, gli intransigenti e gli amici, vanno rispettivamente “silenziati” e “mobilitati”, con ogni mezzo.
- Un’altra indicazione che gli autori suggeriscono è quella di "intorbidare le acque della religione", cioè dare spazio ai teologi del dissenso perché forniscano argomenti religiosi alla campagna contro il “bigottismo antigay”.
- È opportuno non chiedere appoggio "per l’omosessualità", ma "contro la discriminazione". I gay devono essere presentati come vittime:
• vittime delle circostanze: per questo motivo, dicono gli autori, "sebbene l’orientamento sessuale sia il prodotto di complesse interazioni tra predisposizioni innate e fattori ambientali nel corso dell’infanzia e della prima adolescenza", l’omosessualità deve essere presentata come innata;
• vittime del pregiudizio, che deve essere presentato come la causa di ogni loro sofferenza. - Bisogna individuare una serie di personaggi storici famosi, noti per il loro contributo all’umanità, come gay: chi mai potrebbe discriminare Leonardo da Vinci?
- Gli autori diedero indicazioni precise anche alle associazioni omosessuali e lesbiche in conflitto tra loro: è bene che ci sia una sola associazione portavoce del mondo omosessuale, e che sia gay.
- Un’altra strategia consiste nel richiedere unioni, matrimoni e adozioni gay, non per la necessità di ottenere questi diritti quanto piuttosto perché, agli occhi dell’opinione pubblica, parlare di “famiglia” e “figli” rende il tema più rassicurante.
Appendice
Kirk e Madsen alla fine del volume affrontano la questione dello stile di vita gay che descrivono come “amorale”, “narcisistico” e “patologico” e che rischia di rendere gli attivisti testimonial poco credibili per il messaggio normalizzante e rassicurante che si vuole trasmettere. Perciò allegano un "Codice di autocontrollo sociale" che comprende "regole" per le relazioni con gli eterosessuali, con altri gay e con sé stessi. In questo "codice", che proibisce una serie di condotte, si legge «Non farò sesso in pubblico», «Se sono un pedofilo o un masochista lo terrò nascosto e starò lontano dalle parate del Gay Pride», «Non tradirò il mio compagno», «Smetterò di tentare di essere perennemente un diciottenne e mi comporterò secondo la mia età; non mi punirò perché non sono ciò che vorrei», «Non berrò più di due drink alcolici al giorno; non farò assolutamente uso di droghe», ecc.
Il saggio di Kirk e Madsen si conclude con queste parole: «Come vedi, la baldoria è finita. Domani inizia la vera rivoluzione gay».
Le citazioni sono del libro di Marshall Kirk, Hunter Madsen, “After the ball, How America will conquear its fear & hatred of Gays in the 90’s”, Plume, New York 1989.