I Māori contro l’eutanasia

di Tommaso Cardinale, 8 ottobre 2020

Recentemente è stato pubblicato un documento che ribadisce la posizione della Chiesa Cattolica sull’eutanasia e altre questioni bioetiche. Ma la contrarietà all’eutanasia non è una prerogativa unicamente cristiana o delle religioni in generale: per esempio anche i Māori, popolo polinesiano presente in Nuova Zelanda e in Australia, sono contrari all’eutanasia.

Tariana Turia, personaggio politico neozelandese che ha ricoperto incarichi di governo dal 2002 al 2014 ed è tra i leader del partito Māori, si è espressa con un parere negativo sulla liberalizzazione dell’eutanasia, per la quale in Nuova Zelanda si voterà il 17 ottobre 2020 tramite un referendum

La legge per la quale si voterà darebbe infatti al malato la possibilità di ottenere, a certe condizioni cliniche, l’eutanasia senza informare o coinvolgere in nessun modo la propria famiglia. Partendo da dei presupposti diversi da quelli della Chiesa Cattolica, la politica neozelandese arriva alle stesse conclusioni riguardo la possibilità dell’eutanasia.

Dal punto di vista della spiritualità Māori, infatti, rendere disponibile l’eutanasia significa togliere la dimensione relazionale e comunitaria al momento della morte. Secondo Tariana Turia:

Vita e morte non sono eventi individuali. [...] Noi esistiamo in quanto parte delle nostre famiglie, del nostro whānau (la famiglia allargata della cultura Māori) e delle nostre comunità

Per molti Māori, la morte è un processo che coinvolge l’intero whānau in tutti i suoi componenti, perché in quel momento il whānau dice addio a una parte di sé. È un momento molto importante per tutti dire addio a qualcuno che amiamo e del quale ci siamo presi cura. È responsabilità di ciascuno di noi rimanere insieme l’uno con l’altro.

L’End of Life Choice Bill invade questo spazio sacro. Questa legge permette, a chi lo richiede, la morte per eutanasia senza parlare alla propria famiglia, e una persona può essere uccisa senza che la famiglia ne sia a conoscenza. Trattando le persone al termine della loro vita solamente come individui e non come parte del whānau, questa legge non comprende che cosa significhi vivere e morire.

Le persone, che siano malati terminali, disabili o anziani, rimangono membri di famiglie. Le circostanze non contano.

Dopo aver spiegato il punto di vista teorico sulla questione dell’eutanasia, Tariana Turia parla del sistema sanitario neozelandese, che è molto diverso, per esempio, da quello italiano:

So che ci sono molte persone che non vivono in un ambiente sicuro e felice, che hanno famiglie disfunzionali o che non possono permettersi i trattamenti medici e le cure di cui hanno bisogno. Ho un amico che ha la fibrosi cistica. Il suo trattamento medico costa mille dollari al mese. E ci sono casi noti di donne con particolari titpi di cancro al senso che possono procurarsi i farmaci di cui hanno bisogno per sopravvivere solo se possono pagarseli.

Come mai abbiamo un sistema che non copre le cure mediche necessarie? Io desidero che nessuno scelga l’eutanasia solo perché non può permettersi le spese mediche.

Dopo aver riportato la propria esperienza personale come Ministro delle politiche per la disabilità (2009 - 2014), sottolineando che i rappresentanti dei disabili con cui ha avuto a che fare non desideravano supporto per morire ma volevano essere “assistiti per vivere, nel modo più pieno possibile per loro”, Tariana Turia si rivolge direttamente ai suoi colleghi parlamentari, cercando di tracciare qual è secondo lei, il campo di competenza di un governo:

I membri del parlamento sono lì per governare il paese, non per prendere decisioni così significative sulla vita e la morte. Sono lì per governare il paese e non vedo come l’eutanasia contribuisca al benessere generale del whānau e delle comunità.

La morte non è una questione parlamentare. Noi esistiamo nelle famiglie, e dovremmo prenderci cura della fine nelle nostre famiglie. Lo stato può e deve sostenere le nostre famiglie e whānau nel prenderci cura di noi quando siamo disabili, malati e anziani.

Ma non dovrebbe essere approvata una legge che toglie valore alle nostre famiglie e ai nostri whānau rendendo la morte un’opzione per coloro che hanno limitate risorse economiche e scarso sostegno.

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