Fine vita: previene davvero il numero di suicidi non assistiti?

di Chiara De Marchi, 31 gennaio 2024

L’introduzione della morte volontaria medicalmente assistita previene davvero il numero di suicidi non assistiti? E se qualcuno scoprisse attraverso una mail che la moglie è andata in segreto in Svizzera per ricorrere al suicidio assistito?

È quello che è successo a Torino: Marta, 55 anni, aveva una famiglia e un impiego di prestigio in ambito scientifico. A causa del lutto di un figlio adolescente dopo una lunga malattia soffriva di una grave forma di depressione, che inizialmente ha provato a superare con un percorso psicologico. Non ottenendo nessun risultato, però, lo scorso 12 ottobre si è recata in una clinica di Basilea ed è morta senza che nessuno sapesse dove si trovava.

Uno choc per il marito, che ha scoperto tutto attraverso una mail finita nello spam. «Non mi hanno nemmeno permesso di vedere il corpo prima della cremazione - ha raccontato a Repubblica -. Ho solo ricevuto le ceneri e un certificato di morte che non indica nemmeno le cause».

Negli ultimi anni la morte volontaria medicalmente assistita è stata introdotta in diversi paesi, a volte supportata dalla tesi secondo cui riuscirebbe a prevenire il numero di suicidi non assistiti. Una ricerca pubblicata sul Journal of Ethics in Mental Health e riportata in un articolo di Mercatornet, però, ha rilevato che l'introduzione della VAD (Voluntary Assisted Dying) non è riuscita a ridurre il tasso di suicidi non assistiti nello stato australiano di Victoria.

Il Victoria il 5 dicembre 2017 era stato il primo Stato a legalizzare la VAD in Australia. Un argomento chiave che permise di far cambiare il dibattito a favore di una modifica della legge era stato presentato a una commissione del Parlamento del Victoria: il coroner vittoriano John Olle descrisse casi strazianti di persone con malattie terminali che si erano tolte la vita. La chiara implicazione è che molti di questi suicidi non sarebbero avvenuti se il VAD fosse stato disponibile. Ha detto che questo accadeva al ritmo di "50 casi all'anno".

La testimonianza di Olle fu ripresa dai media australiani dell'epoca e fu messa in evidenza da Andrew Denton, fondatore dell’associazione di beneficenza Go Gentle Australia, nella sua campagna per la legalizzazione del VAD. In numerosi articoli, Denton ha reso popolare la statistica di "50 casi di suicidio all'anno", a volte riformulata come "un suicidio alla settimana". Questo argomento è stato ripreso dalla maggior parte di coloro che hanno parlato a favore del disegno di legge nel dibattito parlamentare, tra cui il Ministro della Salute Jill Hennessy e il Premier Daniel Andrews. Ma che cosa è successo ai tassi di suicidio nel Victoria da quando la legge è entrata in vigore nel giugno 2019? Invece di registrare una riduzione, c'è stato un aumento dei suicidi non assistiti, soprattutto tra le persone di 65 anni o più: secondo i dati del Registro dei suicidi del Victoria, questi sono passati da 102 nel 2018 a 156 nel 2022.

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