Nel biennio 2021-2022 si sono registrate forme di persecuzione o discriminazione su base religiosa in oltre 60 Paesi del mondo e si è stimato un totale di 325 milioni di cristiani perseguitati.
Il 22 giugno la Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha presentato la XVI edizione del Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede di Roma. Il sito Vatican News ha riportato i principali contenuti che sono stati descritti nel Rapporto da Alessandro Monteduro, direttore di ACS Italia.
Persecuzioni sempre più acute
Lo studio copre il periodo compreso tra gennaio 2021 e dicembre 2022 ed evidenzia la situazione attuale delle persecuzioni, che non è in via di miglioramento rispetto al passato: sono 61 su 196 i Paesi del mondo dove si registrano forme di persecuzione o di discriminazione di carattere religioso. Il diritto umano fondamentale alla libertà di religione è violato in un Paese su tre (31%) e quasi 4,9 miliardi di persone (62% della popolazione mondiale) vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.
Non solo la persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata, ma è più diffusa anche l'impunità dei persecutori. Inoltre, in 49 Paesi dove si segnalano violazioni sono i governi che perseguitano i propri cittadini per motivi religiosi, con scarsa reazione da parte della comunità internazionale. Tra le fila dei principali persecutori, oltre a governi autoritari compare sicuramente l’estremismo islamico e il nazionalismo etno-religoso.
Le aree con maggiore sofferenza: Africa e Asia
L'Africa continua ad essere il continente più violento, con un aumento degli attacchi jihadisti che rende ancora più allarmante la situazione della libertà religiosa. Quasi la metà dei “Paesi caldi” presenti nel planisfero del Rapporto (13 su 28) sono in Africa. La concentrazione dell'attività jihadista è particolarmente evidente nella regione del Sahel, intorno al lago Ciad, in Mozambico e in Somalia, e si sta estendendo ai Paesi vicini. Cina e Corea del Nord rimangono i due Paesi asiatici con le peggiori violazioni dei diritti umani, inclusa la libertà religiosa. Lo Stato vi esercita un controllo totalitario attraverso la sorveglianza e misure estreme di repressione contro la popolazione. Il Rapporto ACS presta molta attenzione anche all'India, dove i livelli di persecuzione sono in aumento attraverso l'imposizione di un pericoloso nazionalismo etnico-religioso. Leggi anti-conversione sono state approvate o sono allo studio in 12 dei 28 Stati dell'India; tali normative prevedono pene fino a dieci anni di reclusione e includono vantaggi finanziari per coloro che si convertono o ritornano alla religione maggioritaria. Gli episodi di conversioni religiose forzate, rapimenti e violenze sessuali non sono diminuiti nel biennio in esame, anzi rimangono largamente ignorati dalle forze dell'ordine e dalle autorità giudiziarie locali, come accade in Pakistan, dove giovani cristiane e indù vengono spesso rapite e sottoposte a matrimoni forzati.
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