Quello degli armeni è stato un genocidio. A dirlo non sono solo gli ufficiali riconoscimenti da parte degli Stati più democratici, ma le dichiarazioni autorevoli di importanti storici.
La questione è rimbalzata sui media di tutto il mondo dopo le parole di papa Francesco in apertura della messa, nel giorno della Pasqua ortodossa, ricordando le parole di Giovanni Paolo II. “La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo, ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana” (qui il video con la parole del Papa)
Immediatamente i turchi, hanno giudicato aspramente queste dichiarazioni. Primo tra tutti, il presidente Recep Tayyp Erdogan. “Quando i politici ei funzionari religiosi assumono il compito degli storici, ne deriva delirio, non fatti”.
A cosa ci si riferisce quando si parla di "genocidioo Armeno"? A quando 1.200.000 armeni, nel 1915, morirono per fame, malattie o sfinimento, perché deportati dai “Giovani Turchi”, governo affermatosi nell’impero ottomano, per paura di un’alleanza con la Russia.
Già nel 1965, Paesi come la Francia, l’Italia, la Polonia, il Vaticano e la Russia hanno provveduto al riconoscimento ufficiale del genocidio armeno.
Doga Ulas Eralp, Professore presso l’American University di Washington D.C. ha pubblicato un articolo su The Conversation proprio riguardo al genocidio degli Armeni. Gli episodi storici ricordati, le testimonianze di altri professori citati e alcuni auspici, presuppongono una piena consapevolezza al livello accademico e non, di ciò che è realmente accaduto in quel 1915. “Non possiamo chiedere scusa per ciò che non possiamo ricordare”, dice.
L’articolo “National Narrative and Social Psychological in Turks’ Denial of the Mass Killings of Armenians as Genocide”, pubblicato dal Journal of Social Issues dallo studioso della University of Massachusetts, Rezarta Bilali, parla di una vera e propria amnesia sugli eventi anteriori al 1923, come elemento caratterizzante del nuovo modello di cittadinanza turca, dopo il crollo dell’impero ottomano. Basti pensare a come, negli anni successivi, il governo di Ankara ha svuotato le chiese, a come ha sostituito i vecchi nomi armeni di città e di villaggi con nomi turchi.
Appare evidente come il grande ostacolo per la Turchia non è il riconoscimento del genocidio, ma prima di tutto la consapevolezza che quel determinato evento è davvero accaduto.
Solo nel 1970, dopo l’assassinio descritto dallo storico Uğur Ümit Ungor dei diplomatici turchi da parte dell’Armenian Secret Army for the Liberation of Armenia (ASALA), ha costretto la Turchia a confrontarsi con i temi del 1915, senza però indurre alcun risveglio nella memoria collettiva turca, bensì dando l’opportunità al Governo Turco di porre l’accento sul comportamento di “tradimento” dei rivoluzionari armeni durante la Prima Guerra Mondiale.
Il Professor Doga Ulas Eralp, tuttavia, non si limita a focalizzarsi sull’auspicio di un mero riconoscimento. L’iniziativa, dice, "non deve partire dagli Stati, dalla ricerca di una soluzione politica a una vecchia tragedia umana di 100 anni, ma dalla società civile. Iniziative che hanno come unico obiettivo quello di ricordare. Al livello accademico, questa è la via più feconda, per un riconoscimento non ufficiale, ma di coscienza".
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