Un inedito sondaggio ha rivelato che in Italia - al contrario dei paesi anglosassoni - la maggior parte delle persone non vede incompatibilità tra scienza e fede. Il sondaggio è stato svolto dalla Scuola internazionale superiore per la ricerca interdisciplinare (Sisri). Le domande erano tre e riguardavano: l'origine e l'evoluzione dell'uomo, l'origine dell'universo, la pratica religiosa. I primi due quesiti erano formulati per studiare la percezione pubblica della conflittualità tra le cosiddette «verità scientifiche» e le «verità di fede», mentre la terza è stata utile per campionare i soggetti tra non credenti, credenti praticanti e credenti non praticanti.
La maggior parte degli intervistati (42%) ritiene che l'uomo sia apparso sulla terra grazie all'intervento di Dio creatore sulla base di forme di vita inferiori e di un processo evolutivo; il 30% ritiene che questo processo evolutivo sia avvenuto senza l'intervento di Dio; il restante 28% pensa invece che Dio abbia creato dal nulla l'uomo nella sua forma attuale. Risultati analoghi sono stati registrati nella risposta relativa alle origini dell'universo. Quindi tra la posizione di apertura alla scienza e di chiusura alla trascendenza e il suo opposto, in Italia risulta ampiamente prevalente la visione che concilia le convinzioni di un credo religioso con i risultati della ricerca scientifica.
Dalle risposte pervenute emerge una società italiana in cui la maggioranza relativa, poco meno della metà, accetta le verità scientifiche sull’origine dell’uomo e dell’universo e, al tempo stesso, mostra apertura alla trascendenza, ritenendo che Dio abbia avuto un ruolo nel processo evolutivo del genere umano e che sia il Creatore dell’universo. Per entrambi i quesiti, la frazione di italiani che rifiuta una spiegazione scientifica della comparsa dell’uomo e dell’universo corrisponde alla parte più piccola del campione, sebbene ancora significativa.