di Stefano Grossi Gondi, elaborazione dal New York Times, 4 novembre 2007
La notizia è di tre anni fa ma in questi giorni è tornata di pubblico dominio per via di un libro: il filosofo inglese Antony Flew, uno dei portabandiera dell’ateismo mondiale, è passato dall’altra parte e dichiara “There is a God”. Questo è il titolo dell’ultima sua opera, edita da Harper Collins, che sicuramente farà scalpore negli ambienti intellettuali e in particolare tra i militanti dell’ateismo, che hanno perso uno dei loro punti di riferimento.
Antony Flew, ora 84enne, è sulla breccia dal 1950, quando pubblicò “Theology and Falsification” nel quale affermava che il concetto di Dio era troppo vago e che a causa della sua grandezza – invisibile, impalpabile e imperscrutabile – non si poteva provare né la sua esistenza né la sua non-esistenza. Queste semplici argomentazioni gli valsero una notorietà che è andata crescendo negli anni fino a farlo diventare il capofila degli intellettuali atei, dalla cattedra di Oxford.
La fede non c’entra
Ma le cose cambiano. E adesso Flew sostiene l’esistenza di un creatore, di un essere eterno, motore di tutte le cose. «È stata la stessa evidenza a condurmi a queste conclusioni», ha affermato il filosofo inglese, alla fine di un percorso non di fede ma di riflessione razionale. E parla di “prove scientifiche” dell’esistenza di Dio, riferendosi alle leggi della natura – troppo perfette per essere dovute al caso – e a quel disegno intelligente che non può essere cancellato dalle teorie evoluzionistiche. L’origine della vita e la riproduzione non possono essere spiegate in senso esclusivamente biologico.
Domande e risposte
Flew, che nel 2006 fu tra i firmatari della richiesta fatta a Blair di far insegnare il disegno intelligente all’università – afferma che il Big Bang potrebbe essere in armonia con il racconto della Genesi, che la complessità del Dna non può che far pensare ad una “intelligenza” e che l’esistenza del male non è un problema insormontabile per l’esistenza di Dio.
Nelle sue parole riecheggiano – lo ammette lui stesso – il pensiero di Einstein e di altri scienziati secondo i quali ci deve essere stata un’intelligenza senza limiti dietro la complessità dell’universo fisico.
Lo stesso concetto – la conoscibilità di Dio attraverso l’osservazione del mondo e l’uso di ragione – è patrimonio ufficiale della Chiesa dall’Ottocento, dai tempi del Concilio Vaticano I.
Antony Flew, ora 84enne, è sulla breccia dal 1950, quando pubblicò “Theology and Falsification” nel quale affermava che il concetto di Dio era troppo vago e che a causa della sua grandezza – invisibile, impalpabile e imperscrutabile – non si poteva provare né la sua esistenza né la sua non-esistenza. Queste semplici argomentazioni gli valsero una notorietà che è andata crescendo negli anni fino a farlo diventare il capofila degli intellettuali atei, dalla cattedra di Oxford.
La fede non c’entra
Ma le cose cambiano. E adesso Flew sostiene l’esistenza di un creatore, di un essere eterno, motore di tutte le cose. «È stata la stessa evidenza a condurmi a queste conclusioni», ha affermato il filosofo inglese, alla fine di un percorso non di fede ma di riflessione razionale. E parla di “prove scientifiche” dell’esistenza di Dio, riferendosi alle leggi della natura – troppo perfette per essere dovute al caso – e a quel disegno intelligente che non può essere cancellato dalle teorie evoluzionistiche. L’origine della vita e la riproduzione non possono essere spiegate in senso esclusivamente biologico.
Domande e risposte
Flew, che nel 2006 fu tra i firmatari della richiesta fatta a Blair di far insegnare il disegno intelligente all’università – afferma che il Big Bang potrebbe essere in armonia con il racconto della Genesi, che la complessità del Dna non può che far pensare ad una “intelligenza” e che l’esistenza del male non è un problema insormontabile per l’esistenza di Dio.
Nelle sue parole riecheggiano – lo ammette lui stesso – il pensiero di Einstein e di altri scienziati secondo i quali ci deve essere stata un’intelligenza senza limiti dietro la complessità dell’universo fisico.
Lo stesso concetto – la conoscibilità di Dio attraverso l’osservazione del mondo e l’uso di ragione – è patrimonio ufficiale della Chiesa dall’Ottocento, dai tempi del Concilio Vaticano I.
Tags: