Negli Stati Uniti, tra il 2017 e il 2020 la morte per overdose di donne incinte o che hanno appena partorito è cresciuta dell’81%, rendendo l’overdose una delle principali cause di morte per le donne in gravidanza: è stato rilevato dallo studio del 2023 della dottoressa Nora Volkow, psichiatra e direttore del National Institute on Drug Abuse.
La SAN — sindrome da astinenza neonatale — è accusata dal feto perché ogni sostanza psicotropa passa dal flusso circolatorio materno al feto, attraverso la placenta. Le droghe che causano dipendenza nella madre provocano dipendenza anche nel feto e nel neonato. Dal momento in cui la droga non è più disponibile perché interrotta bruscamente l’assunzione, si verifica uno stato di ipereccitazione del sistema nervoso: la conseguenza diretta di questo fenomeno sono i sintomi dell’astinenza. Irritabilità; nervosismo; vomito e/o diarrea; sudorazione; convulsioni; iperventilazione che causa alcalosi respiratoria.
Lo studio del 2019 presente nella rivista Home International Journal of Mental Health and Addiction, dei dottori Latuskie, Leibson e Andrews ha dimostrato che molte volte le donne sono disposte a interrompere l’uso di alcune sostanze durante la gravidanza, ma non di tutte. Il campione è costituito da 470 mamme già inserite in un programma di intervento precoce per donne con vulnerabilità dipendenti da sostanze.
Attraverso un'analisi retrospettiva delle cartelle cliniche (1995-2016), è emerso che il maggior numero di donne ha continuato a fare uso di tabacco e cannabis per tutta la durata della gravidanza (n = 232; 84,4% e n = 102; 60,0%, rispettivamente), mentre la percentuale di donne che ha continuato a fare uso di oppioidi è stata relativamente alta (n = 33; 57,9%).
I tassi di ricaduta sono stati elevati per le donne che inizialmente hanno tentato di interrompere l'uso di cocaina, crack ed eroina.
Sebbene sia raramente fatale, se non trattata, la SAN può causare una significativa predisposizione ad ammalarsi. Tuttavia, non tutti i bambini esposti agli oppioidi durante la vita intrauterina richiedono un trattamento farmacologico per SAN. Questa diversa risposta dipende, sicuramente, dal tipo e dalla quantità di oppioidi assunti dalla madre, ma anche da fattori genetici, fisiopatologici e ambientali.
Un altro studio condotto da SAMHSA analizza la situazione clinica di donne incinte tra i 14 e i 44 anni, dipendenti dalle medesime sostanze oggetto dello studio di Latuskie, Leibson e Andrews, nei tre anni successivi, da cui si rileva un picco di consumo di droghe e alcolici nel 2017. In quello stesso anno, fra le droghe, 161 mila donne hanno continuato ad assumere marijuana, 32 mila oppioidi, 8 mila cocaina.
Anche se alcune sostanze tossiche utilizzate dalle donne incinte in alcuni stati non sono illegali, molte lo sono. Per questo motivo, da un lato è di grande impatto valutare la situazione familiare caso per caso, per capire se il neonato sarà accudito in maniera sicura dopo la dimissione, e dall’altro comprendere le giurisdizioni e le leggi locali. Alcuni paesi hanno delle linee guida ben precise, ed il personale medico è spesso obbligato alla segnalazione del caso alle forze dell’ordine. Con il supporto di parenti, amici e infermieri a domicilio, la madre può essere in grado di occuparsi del bambino. In caso contrario, i servizi sociali o un piano di assistenza alternativa possono rappresentare la soluzione migliore.
La scienza, come afferma la dottoressa Volkow, è chiamata ad aiutare le donne in gravidanza che hanno bisogno di aiuto per curarsi dall’abuso di droghe, fornendo interventi sempre più sicuri ed efficaci ma anche fornendo nuovi modelli, che permettano loro di mantenere un impiego, prendersi cura dei figli e avere relazioni con i familiari e tutta la comunità.