Elaborazione di Documentazione.info su fonti varie, novembre 2007
I dati dell’epidemia
Il 1 dicembre è la giornata mondiale della lotta all’Aids. I dati sono allarmanti: l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2006 stimava che le persone che vivevano con l’Hiv/ Aids erano 39.5 milioni. Nel 2006 sono stati registrati un totale di 4.3 milioni di nuovi casi, mentre i decessi attribuibili a malattie collegate all’Aids sono stati circa 2.9 milioni. Di questi nuovi casi, 2.8 milioni (65%) sono stati registrati nell’Africa Sub-Sahariana, Si è inoltre osservato un importante aumento dei casi riportati nell’Europa Orientale e nelle repubbliche centro-asiatiche, dove il tasso di infezione è salito del 50 % rispetto ai dati del 2004. Circa 11,000 nuove infezioni al giorno nel 2006 95% nei paesi poveri 1,500 in bambini < 15 anni 10,000 negli adulti > 15 anni (50% giovani donne,40% giovani 15-24 anni).
Il cambiamento dei comportamenti sessuali: l’approccio ABC
La maggior parte delle campagne per la lotta a questa piaga del mondo contemporaneo concentrano l’attenzione sull’uso del preservativo come quasi unica via per riuscire a debellare il contagio. In realtà sono numerosi gli studi e i dati che mettono in dubbio questa strategia soprattutto perché il preservativo di per sé non garantisce al 100% l’immunità dal contagio e, inoltre, ha come effetto quello di far sentire più sicuri ingenerando di fatto comportamenti sociali che fanno aumentare la promiscuità e il numero dei partner. Invece ci sono casi, come quello dell’Uganda, in cui ha dato migliori effetti la strategia cosiddetta ABC (Abstinence, Being faithful, Condom) che punta principalmente alla riduzione dei comportamenti a rischio e alla fedeltà al partner per la lotta alla diffusione del virus.
Il preservativo non è così efficace
Sulla non totale efficacia del preservativo uscì nel 2000 uno studio su Lancet intitolato “Condom and seat belts: the parrallels and the lessons” in cui si registrava che il condom ha lo stesso effetto psicologico delle cinture di sicurezza: rende più disinvolti facendo aumentare l’abitudine a comportamenti a rischio. Pertanto usare il preservativo non basta per eliminare completamente il rischio di contagio. A conferma di questo uno studio americano i cui esiti sono stati riportati da Rodolfo Casadei in un articolo apparso su Tempi il 6 ottobre del 2005.
Lo studio di Weller e Devis dal titolo “Condom effectiveness in reducing heterosexual HIV transmission” ha dimostrato che il preservativo è efficace al 96% su base annua solo se utilizzato in modo “perfetto”: cioè quando lo si usa nel modo migliore e sempre. I due studiosi hanno poi analizzato che la percentuale di efficacia si abbassa all’87% se il preservativo è utilizzato in modo “tipico”, cioè non sempre e non nelle condizioni migliori (condom danneggiati, indossati non da subito, venuti a contatto con liquidi o superfici abrasive ecc.). Sempre Casadei riporta che questi stessi dati sono stati proiettati da J. Trussell e K. Yost sulla media di rapporti sessuali di un americano in un anno (83), il risultato è che in un arco di dieci anni di utilizzo “tipico” del preservativo la percentuale di contagio raggiungerebbe il 75-78%. Scrive Casadei “Alla conferenza Onu di Rio de Janeiro Ward Cates di Family Health International (una Ong americana favorevole ai condom) ha mostrato le diapositive con queste proiezioni senza che nessuno obiettasse”.
L’Uganda ha ridotto i contagi
Casadei riporta anche i dati del caso Uganda che ha incentrato la lotta all’Aids sul triplice messaggio "astieniti, oppure sii fedele al tuo partner, oppure usa un condom". Uno studio del British Medical Journal riporta: «Le indagini del Programma globale sull'Aids hanno rilevato che la proporzione di uomini che si sono accompagnati a una o più partner occasionali nell'anno precedente è scesa dal 35 per cento al 15 per cento fra il 1989 e il 1995, e fra le donne dal 16 per cento al 6 per cento». E prosegue lo studio ridimensionando l’efficacia del solo preservativo: «anche se gli studi di proiezione hanno mostrato che i condom riducono il rischio dell'80-90 per cento circa quando vengono usati sempre, nella vita reale essi sono spesso usati in modo errato e incostante. Pertanto non dovrebbero essere pubblicizzati in una maniera che generi eccessiva sicurezza di sé o comportamenti rischiosi».
Altri studi scientifici
Anche l’agenzia Zenit è intervenuta diverse volte sull’argomento citando dati e studi. Ne riportiamo di seguito tre casi tratti da un articolo del 25 marzo 2007:
Il 1 dicembre è la giornata mondiale della lotta all’Aids. I dati sono allarmanti: l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2006 stimava che le persone che vivevano con l’Hiv/ Aids erano 39.5 milioni. Nel 2006 sono stati registrati un totale di 4.3 milioni di nuovi casi, mentre i decessi attribuibili a malattie collegate all’Aids sono stati circa 2.9 milioni. Di questi nuovi casi, 2.8 milioni (65%) sono stati registrati nell’Africa Sub-Sahariana, Si è inoltre osservato un importante aumento dei casi riportati nell’Europa Orientale e nelle repubbliche centro-asiatiche, dove il tasso di infezione è salito del 50 % rispetto ai dati del 2004. Circa 11,000 nuove infezioni al giorno nel 2006 95% nei paesi poveri 1,500 in bambini < 15 anni 10,000 negli adulti > 15 anni (50% giovani donne,40% giovani 15-24 anni).
Il cambiamento dei comportamenti sessuali: l’approccio ABC
La maggior parte delle campagne per la lotta a questa piaga del mondo contemporaneo concentrano l’attenzione sull’uso del preservativo come quasi unica via per riuscire a debellare il contagio. In realtà sono numerosi gli studi e i dati che mettono in dubbio questa strategia soprattutto perché il preservativo di per sé non garantisce al 100% l’immunità dal contagio e, inoltre, ha come effetto quello di far sentire più sicuri ingenerando di fatto comportamenti sociali che fanno aumentare la promiscuità e il numero dei partner. Invece ci sono casi, come quello dell’Uganda, in cui ha dato migliori effetti la strategia cosiddetta ABC (Abstinence, Being faithful, Condom) che punta principalmente alla riduzione dei comportamenti a rischio e alla fedeltà al partner per la lotta alla diffusione del virus.
Il preservativo non è così efficace
Sulla non totale efficacia del preservativo uscì nel 2000 uno studio su Lancet intitolato “Condom and seat belts: the parrallels and the lessons” in cui si registrava che il condom ha lo stesso effetto psicologico delle cinture di sicurezza: rende più disinvolti facendo aumentare l’abitudine a comportamenti a rischio. Pertanto usare il preservativo non basta per eliminare completamente il rischio di contagio. A conferma di questo uno studio americano i cui esiti sono stati riportati da Rodolfo Casadei in un articolo apparso su Tempi il 6 ottobre del 2005.
Lo studio di Weller e Devis dal titolo “Condom effectiveness in reducing heterosexual HIV transmission” ha dimostrato che il preservativo è efficace al 96% su base annua solo se utilizzato in modo “perfetto”: cioè quando lo si usa nel modo migliore e sempre. I due studiosi hanno poi analizzato che la percentuale di efficacia si abbassa all’87% se il preservativo è utilizzato in modo “tipico”, cioè non sempre e non nelle condizioni migliori (condom danneggiati, indossati non da subito, venuti a contatto con liquidi o superfici abrasive ecc.). Sempre Casadei riporta che questi stessi dati sono stati proiettati da J. Trussell e K. Yost sulla media di rapporti sessuali di un americano in un anno (83), il risultato è che in un arco di dieci anni di utilizzo “tipico” del preservativo la percentuale di contagio raggiungerebbe il 75-78%. Scrive Casadei “Alla conferenza Onu di Rio de Janeiro Ward Cates di Family Health International (una Ong americana favorevole ai condom) ha mostrato le diapositive con queste proiezioni senza che nessuno obiettasse”.
L’Uganda ha ridotto i contagi
Casadei riporta anche i dati del caso Uganda che ha incentrato la lotta all’Aids sul triplice messaggio "astieniti, oppure sii fedele al tuo partner, oppure usa un condom". Uno studio del British Medical Journal riporta: «Le indagini del Programma globale sull'Aids hanno rilevato che la proporzione di uomini che si sono accompagnati a una o più partner occasionali nell'anno precedente è scesa dal 35 per cento al 15 per cento fra il 1989 e il 1995, e fra le donne dal 16 per cento al 6 per cento». E prosegue lo studio ridimensionando l’efficacia del solo preservativo: «anche se gli studi di proiezione hanno mostrato che i condom riducono il rischio dell'80-90 per cento circa quando vengono usati sempre, nella vita reale essi sono spesso usati in modo errato e incostante. Pertanto non dovrebbero essere pubblicizzati in una maniera che generi eccessiva sicurezza di sé o comportamenti rischiosi».
Altri studi scientifici
Anche l’agenzia Zenit è intervenuta diverse volte sull’argomento citando dati e studi. Ne riportiamo di seguito tre casi tratti da un articolo del 25 marzo 2007:
- Washington Post
Il 2 marzo il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo in cui si esamina l’esperienza del Botswana, in relazione all’Aids. Il quotidiano ha osservato che secondo un buon numero di studi l’abitudine ad avere rapporti sessuali con più partner costituisce “il meccanismo più efficace per diffondere una malattia mortale in un continente vulnerabile”. Il Washington Post ha citato un rapporto elaborato nel luglio del 2006 da alcuni esperti e funzionari del Sudafrica sull’Aids, in cui si considera “la riduzione del numero di partner multipli e contemporanei” la priorità assoluta nella prevenzione della diffusione dell’HIV. Nella regione si registra il 38% di tutte le infezioni di HIV nel mondo. L’articolo rileva che il Botswana ha seguito per molti anni la politica raccomandata dagli esperti internazionali di promozione del preservativo e di distribuzione di farmaci antiretrovirali. Tutto senza esiti positivi. Il tasso di contagio di HIV nel Paese è tra i maggiori nel mondo. Circa il 25% della popolazione è attualmente infetta. Le campagne di promozione della fedeltà non sono mai state promosse seriamente in Botswana, osserva il Washington Post, mentre il preservativo lo è stato. Nel Paese è stata intrapresa una campagna da 13,5 milioni di dollari (10 milioni di euro) per la promozione del preservativo, grazie al sostegno finanziario della Fondazione Bill & Melinda Gates e la società farmaceutica Merck. L’ammontare speso per la promozione del profilattico è stato di 25 volte superiore rispetto a quanto è stato speso per i programmi sull’astinenza. “Il massiccio uso del preservativo non è riuscito a ridurre gli alti tassi di infezione da HIV”, conclude l’articolo. “Essi sono invece aumentati di pari livello, fino ad arrivare ad essere entrambi tra i più elevati in Africa”.
- British Medical Journal
L’11 marzo 2006, il British Medical Journal ha pubblicato un articolo intitolato “Risk Compensation: The Achilles’ Heel of Innovations in HIV Prevention?”. Scritto da un’équipe diretta da Michael Cassell, l’articolo osserva che mentre i farmaci e le altre misure possono aiutare a ridurre la diffusione dell’HIV, questi possono anche frenare il cambiamento verso comportamenti più sani, diminuendo la percezione del rischio tra la gente. Le campagne di promozione del preservativo, unite ad una ridotta percezione del rischio, “possono aver contribuito ad un loro uso incostante, cosa che comporta uno scarso effetto protettivo, nonché a trascurare il rischio derivante da rapporti sessuali con più partner”, osserva l’articolo. Gli autori hanno anche osservato che da alcuni studi svolti in vari Paesi occidentali risulta che la prospettiva di poter disporre di maggiori trattamenti antiretrovirali “si associa ad un significativo aumento nei comportamenti a rischio”.
- Science
Già prima di questa conferma della necessità di puntare al cambiamento nel comportamento sessuale, analoghe conclusioni erano emerse da uno studio svolto sulla popolazione rurale dello Zimbabwe tra il 1998 e il 2003. Un articolo intitolato “Understanding HIV Epidemic Trends in Africa”, pubblicato il 3 febbraio 2006 sulla rivista Science, riferisce sulle conclusioni di questo studio. Gli autori Richard Hayes e Helen Weiss hanno scritto che una riduzione nella diffusione dell’HIV è stata ottenuta grazie ai cambiamenti nel comportamento sessuale. I cambiamenti hanno riguardato principalmente il ritardare l’inizio dell’attività sessuale da parte degli adolescenti e la riduzione del numero dei partner sessuali casuali.
Il 2 marzo il Washington Post ha pubblicato un lungo articolo in cui si esamina l’esperienza del Botswana, in relazione all’Aids. Il quotidiano ha osservato che secondo un buon numero di studi l’abitudine ad avere rapporti sessuali con più partner costituisce “il meccanismo più efficace per diffondere una malattia mortale in un continente vulnerabile”. Il Washington Post ha citato un rapporto elaborato nel luglio del 2006 da alcuni esperti e funzionari del Sudafrica sull’Aids, in cui si considera “la riduzione del numero di partner multipli e contemporanei” la priorità assoluta nella prevenzione della diffusione dell’HIV. Nella regione si registra il 38% di tutte le infezioni di HIV nel mondo. L’articolo rileva che il Botswana ha seguito per molti anni la politica raccomandata dagli esperti internazionali di promozione del preservativo e di distribuzione di farmaci antiretrovirali. Tutto senza esiti positivi. Il tasso di contagio di HIV nel Paese è tra i maggiori nel mondo. Circa il 25% della popolazione è attualmente infetta. Le campagne di promozione della fedeltà non sono mai state promosse seriamente in Botswana, osserva il Washington Post, mentre il preservativo lo è stato. Nel Paese è stata intrapresa una campagna da 13,5 milioni di dollari (10 milioni di euro) per la promozione del preservativo, grazie al sostegno finanziario della Fondazione Bill & Melinda Gates e la società farmaceutica Merck. L’ammontare speso per la promozione del profilattico è stato di 25 volte superiore rispetto a quanto è stato speso per i programmi sull’astinenza. “Il massiccio uso del preservativo non è riuscito a ridurre gli alti tassi di infezione da HIV”, conclude l’articolo. “Essi sono invece aumentati di pari livello, fino ad arrivare ad essere entrambi tra i più elevati in Africa”.
- British Medical Journal
L’11 marzo 2006, il British Medical Journal ha pubblicato un articolo intitolato “Risk Compensation: The Achilles’ Heel of Innovations in HIV Prevention?”. Scritto da un’équipe diretta da Michael Cassell, l’articolo osserva che mentre i farmaci e le altre misure possono aiutare a ridurre la diffusione dell’HIV, questi possono anche frenare il cambiamento verso comportamenti più sani, diminuendo la percezione del rischio tra la gente. Le campagne di promozione del preservativo, unite ad una ridotta percezione del rischio, “possono aver contribuito ad un loro uso incostante, cosa che comporta uno scarso effetto protettivo, nonché a trascurare il rischio derivante da rapporti sessuali con più partner”, osserva l’articolo. Gli autori hanno anche osservato che da alcuni studi svolti in vari Paesi occidentali risulta che la prospettiva di poter disporre di maggiori trattamenti antiretrovirali “si associa ad un significativo aumento nei comportamenti a rischio”.
- Science
Già prima di questa conferma della necessità di puntare al cambiamento nel comportamento sessuale, analoghe conclusioni erano emerse da uno studio svolto sulla popolazione rurale dello Zimbabwe tra il 1998 e il 2003. Un articolo intitolato “Understanding HIV Epidemic Trends in Africa”, pubblicato il 3 febbraio 2006 sulla rivista Science, riferisce sulle conclusioni di questo studio. Gli autori Richard Hayes e Helen Weiss hanno scritto che una riduzione nella diffusione dell’HIV è stata ottenuta grazie ai cambiamenti nel comportamento sessuale. I cambiamenti hanno riguardato principalmente il ritardare l’inizio dell’attività sessuale da parte degli adolescenti e la riduzione del numero dei partner sessuali casuali.
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