Maternità e lavoro, la Ue si muove

di Elena L. Pasquini, Avvenire È Famiglia on line, 10 ottobre 2008
Grazie a congedi più lunghi, a regole nuove nel rapporto tra madri e imprese, ma anche attraverso il sostegno alle lavoratrici autonome, la Commissione europea riporta in primo piano la famiglia e approva un pacchetto di misure destinato a modificare la legislazione vigente, che verrà ora discusso dal Parlamento europeo e poi dai governi dei 27 Paesi dell’Unione.  Sostegno a maternità e a lavoro delle donne
L’obiettivo è favorire la maternità e l’accesso delle donne al mondo del lavoro. «Avere un figlio per le donne significa spesso sacrificare il reddito e le prospettive di carriera. Soltanto il 65,5% delle donne con figli a carico lavora, rispetto al 91,7% degli uomini», ha spiegato Vladimír Špidla, Commissario responsabile per l’occupazione, gli affari sociali e le pari opportunità. «Le nostre proposte per migliorare le disposizioni relative al congedo di maternità aiuteranno le donne a conciliare l’attività professionale e la vita privata migliorando la loro qualità di vita e quella delle loro famiglie. Le proposte dovrebbero inoltre stimolare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e aiutare l’Europa ad affrontare la sfida rappresentata dall’invecchiamento della popolazione: in effetti nei Paesi in cui vi è un maggior numero di donne occupate si registrano anche i tassi di natalità più elevati».

Raccomandazioni agli stati europei
La nuova normativa, che una volta ottenuto il via libera dal Parlamento europeo e dai 27 governi dovrà essere recepita dagli Stati membri al massimo in due anni, prevede un incremento del «periodo minimo di congedo da 14 a 18 settimane» e raccomanda «di versare alle donne il 100% della retribuzione», anche se gli Stati avranno la possibilità di scegliere un’alternativa, ovvero di stabilire «un tetto massimo che non potrà essere inferiore all’indennità di malattia».   La questione del congedo per maternità
Novità anche per quanto riguarda il congedo non obbligatorio, con le nuove regole le madri potranno decidere quando sfruttare, in modo flessibile, le settimane di congedo volontario. «Studi dimostrano che le misure volte a migliorare le condizioni di congedo possono aumentare l’occupazione femminile del 3-4%, ma anche il tasso di fertilità», secondo la Commissione, e dunque incidere sulla pressante questione demografica: la popolazione europea invecchia e nascono sempre meno bambini. Tra i Paesi dell’Unione, l’Italia, con i suoi cinque mesi di maternità obbligatoria, è già al di sopra dei nuovi standard proposti dalla Commissione. Per quanto riguarda i salari, in Italia attualmente le donne in maternità percepiscono l’80% della remunerazione media giornaliera pagata nel mese precedente, mentre sono già diversi i Paesi dell’Unione che prevedono lo stipendio pieno anche durante il congedo.

Licenziamento delle donne in maternità
Il pacchetto della Commissione prevede anche regole più severe per arginare il fenomeno dei licenziamenti durante il periodo di maternità: sarà vietato anche solo preparare i documenti per un licenziamento che venisse reso esecutivo successivamente al congedo, mentre nel caso in cui il datore di lavoro ritenesse la donna incinta non idonea alle sue mansioni, sarebbe comunque costretto a corrisponderle la retribuzione completa. Non solo: in caso di lite in tribunale, sarà l’impresa a dover dimostrare di non aver violato la direttiva. Norme più rigide anche per favorire il reintegro nel medesimo posto di lavoro o in un posto di lavoro equivalente.  Sanzioni
Ma se alle donne sarà concesso chiedere al datore di lavoro «un orario flessibile dopo la fine del congedo per maternità», non verrà in ogni caso stabilito l’obbligo da parte dell’impresa di soddisfare le richieste della madre. Saranno gli Stati, infine, a dover stabilire le sanzioni per chi violerà le regole, sanzioni che potranno consistere in un risarcimento che dovrà essere «efficace, proporzionale e dissuasivo».

Misure anche per le lavoratrici autonome
In base al progetto della Commissione, inoltre, gli Stati membri «dovranno garantire alle lavoratrici autonome la possibilità di essere coperte da un sistema di sicurezza sociale che preveda gli stessi diritti di accesso al congedo per maternità delle lavoratrici dipendenti. Al tempo stesso i coniugi e i conviventi, riconosciuti come tali in base alla legislazione nazionale, che lavorano a titolo informale nell’ambito di una piccola impresa familiare quali un’azienda agricola o uno studio medico, i cosiddetti "coniugi collaboratori", avranno accesso, su richiesta, a una copertura di sicurezza sociale per un livello almeno equivalente a quello dei lavoratori autonomi». Copertura che in 18 Paesi, tra cui anche l’Italia, non è attualmente prevista.