Sempre più minori sono costretti a lavorare nel mondo

di Chiara De Marchi, 21 luglio 2022

Nel 2020 sono stati circa 160 milioni i bambini e gli adolescenti costretti a lavorare in tutto il mondo, quasi 8,9 milioni in più rispetto al 2016.

Lo scorso anno Save the Children ha condiviso lo studio Piccoli Schiavi Invisibili 2021 - XI Edizione con i numeri dello sfruttamento minorile a livello internazionale. Al suo interno sono stati riportati i dati del rapporto Lavoro minorile. Stime globali 2020, tendenze e percorsi per il futuro pubblicato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF).

Nel 2020 sono stati costretti a lavorare circa 63 milioni di ragazze e 97 milioni di ragazzi, 1 minore su 10. Di questi, quasi la metà (79 milioni di bambini e adolescenti, 6,5 milioni in più rispetto al 2016) ha svolto un lavoro pericoloso, potenzialmente dannoso per la salute e lo sviluppo psico-fisico.

Il fenomeno appare allarmante in Africa sub-sahariana, dove sono costretti a lavorare 86 milioni di bambini e ragazzi di età compresa tra i 5 e i 17 anni (il 23,9%). Al contrario, sono stati registrati importanti progressi in Asia, nel Pacifico, in America Latina e nei Caraibi, dove negli ultimi quattro anni il fenomeno è diminuito sia in termini percentuali che assoluti.

Guardando ai settori e alle aree in cui si esplicita lo sfruttamento, OIL e UNICEF hanno notato una maggiore diffusione nelle zone rurali, dove sono 122,7 milioni i minori costretti a lavorare, mentre nelle aree urbane si contano 37,3 milioni di vittime. La prevalenza del lavoro minorile nelle regioni rurali è del 13,9%, quasi tre volte superiore a quella nelle aree urbane (4,7%).  In particolare, il 70% del totale dei minori viene sfruttato nel settore agricolo, percentuale che aumenta guardando la fascia d’età compresa tra i 5 e gli 11 anni, in cui sono sfruttati più di tre quarti dei bambini. Di questi, l’83% lavora in aziende agricole familiari, fenomeno che ha avuto un particolare incremento a seguito dell’impoverimento dovuto alla crisi del Covid-19.

Infine, il rapporto di OIL e UNICEF ha evidenziato la correlazione tra dispersione scolastica e lavoro minorile. Particolarmente preoccupante è la percentuale di bambini costretti a lavorare nonostante rientrino in età per cui è previsto l’obbligo scolastico: quasi il 28% dei minori tra i 5 e gli 11 anni e il 35% di quelli tra i 12 e i 14 anni. Le cause che portano molti minori ad essere esclusi dall’istruzione e a cadere nel lavoro minorile sono molteplici; tuttavia alcuni elementi ricorrenti che favoriscono notevolmente lo sfruttamento sono contesti a basso reddito in cui le famiglie percepiscono il lavoro dei figli come prioritario rispetto a un’adeguata istruzione e dove sono assenti scuole gratuite, accessibili e di qualità.

Le conseguenze del Covid-19 sul lavoro minorile rischiano di diventare strutturali e far cadere nello sfruttamento lavorativo milioni di bambini e adolescenti nel breve periodo. Stando alle stime fornite da OIL e UNICEF, entro la fine del 2022 lo sfruttamento minorile potrebbe arrivare a coinvolgere 8,9 milioni di bambini e adolescenti in più rispetto ad oggi. Di questi, più della metà (circa 4,9 milioni) sarebbero bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni.

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