Elaborazione Documentazione.info
La famiglia in Italia
Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero degli Esteri in Italia il numero delle famiglie dal 1991 è salito da poco meno di 20 milioni a 21,5, allo stesso tempo però le famiglie sono sempre meno numerose. I componenti sono passati da una media di 2,8 a 2,6 ed è cresciuto il numero delle famiglie formate da una sola persona: dal ’95 al 2000 sono aumentate di 700 mila. Nel Nord-Est la diminuzione del numero dei componenti familiari è la più evidente: da 4,2 componenti nel dopoguerra a 2,5 di oggi.
Gli stranieri
Sempre il Ministero degli Esteri fa sapere che in Italia il numero degli stranieri è triplicato dal ’91. Vi sono 987mila stranieri che rappresentano il 2% della popolazione. L'effetto positivo delle migrazioni sulla popolazione è particolarmente evidente in Italia poiché la crescita naturale nel 2002 è stata negativa (-0,3), e solo l'arrivo di immigrati ha permesso di ottenere un lieve incremento della popolazione complessiva (+2,3 unità ogni 1.000 abitanti).
Età della popolazione
Le previsioni Istat dicono che attualmente l'età media degli italiani è di 41,8 anni, nel 2050 si prevede che diventi 50,5. Gli ottantenni ed oltre sono ora il 4,3% della popolazione, nel 2050 dovrebbero essere il 14,2%. Per ogni 100 bambini fra 0-14 anni, ci sono 127 anziani.
Costo delle case
Secondo uno studio commissionato al Cresme da Ancab-Legacoop per le famiglie italiane la casa impiega oltre il 40% del reddito. Una casa oggi costa 18 anni di stipendio, 9 anni se si lavora in due. Dieci anni fa in coppia ne bastavano 7 e venti anni fa 5. L’80% degli italiani vive in una casa di proprietà proprio perché vent’anni fa l’acquisto era alla portata. Per le nuove famiglie i prezzi delle case sono triplicati in 20 anni mentre il reddito medio annuo del ceto medio è solo raddoppiato. Anche gli affitti sono aumentati del 49% dal 19998 al 2004.
Il lavoro precario giovanile
Per i giovani italiani solo il 25% dei contratti a termine si trasforma in indeterminato secondo l’Isfol. Due anni fa era il 40%. I ragazzi che sotto i 25 anni riescono ad ottenere un contratto stabile è dell’11%. Marco Centra, responsabile Isfol, ha così spiegato il fenomeno: “Alle imprese non conviene più assumere i giovani perché non hanno più gli incentivi economici previsti per il contratto di formazione e lavoro mentre il ‘nuovo’ apprendistato è praticamente bloccato”. La stabilità lavorativa arriva sempre più tardi: nel 1998 si raggiungeva a 36 anni mentre ora si riesce a conquistarla solo a 38 anni.
Matrimoni in crisi
Secondo un rapporto Eures negli ultimi trent'anni i matrimoni sono diminuiti del 32,4 per cento, passando dai 373.784 del 1975 (con un indice pari al 6,7 per mille abitanti) ai 250.974 del 2005 (con un indice del 4,3). L'età media del matrimonio, negli ultimi tre decenni, è salita di 7 anni tra gli uomini e di oltre 5 per le donne. Nel 2006 lo sposo aveva in media 33,7 anni, la sposa 30,6. Separazioni e divorzi sono saliti del +59% e + 66% negli ultimi 10 anni. I matrimoni religiosi sono più "resistenti": 5,6 divorzi ogni cento matrimoni celebrati in chiesa nel 1975, contro 13,1 divorzi tra chi si era sposato civilmente. L’Istat rivela che nel 2004 erano 64mila i minori affidati dopo una separazione, il 52,9% delle separazioni avviene in una coppia che ha almeno un figlio minore.
I papà più vecchi al mondo
Secondo una ricerca Istat del 2005 gli italiani diventano padri per la prima volta mediamente a 33 anni. Rispetto agli altri Paesi, poi, le donne italiane hanno il primo figlio un anno più tardi. I giovani italiani tendono a rimanere a casa con i genitori: nella fascia 30-34 anni vive con i genitori il 40% degli uomini e circa il 20% delle donne
Bassa natalità
Il tasso di fecondità in Italia si assesta a 1,3 figli per donna, ciò la rende terzultima nella classifica europea. A fare difetto - come rileva l’Istat nel rapporto di recente pubblicazione “Essere madri in italia, anno 2005” - non è la mancanza di voglia di fare figli: il numero “atteso” di figli per le madri italiane è in media di 2,19 ma il numero effettivo nel 2005 è stato di soli 1,33. Dopo la nascita l’impatto con difficoltà economiche, di lavoro e di organizzazione si è tradotto in una rinuncia ad affrontare nuove gravidanze. Il 18,4 per cento delle madri che aveva un lavoro prima della gravidanza al momento dell’intervista lo aveva lasciato: il 5,6 per cento per licenziamento, il 12,4% si è licenziata per via degli orari inconciliabili con i nuovi impegni familiari. Il 72,5% delle mamme che continuano a lavorare dichiara di sperimentare forti difficoltà. Tra queste si registrano soprattutto i disagi legati alla cura dei figli, infatti solo il 27,8 per cento frequenta un asilo pubblico o privato mentre nel 52,3 per cento dei casi i figli vengono affidati ai nonni. Il dato interessante è che il 28,3 per cento delle madri che non si avvalgono di un asilo nido lo avrebbe fatto se non fosse così alta la retta o se avessero trovato posto.
Ritardo nelle politiche familiari
Secondo i dati Eurispes l'Italia è al penultimo posto in Europa (peggio è solo la Spagna) per le politiche familiari, cui dedica appena lo 0,9% della ricchezza nazionale, rispetto ad una media europea che supera i due punti percentuali.
Uno dei principali strumenti a sostegno della famiglia è di natura fiscale; in Italia sono previste diverse misure di detrazioni Irpef per familiari a carico (se il loro reddito complessivo è inferiore ai 2.850,41 euro) , in base al reddito del contribuente e al numero dei figli. Secondo lo studio dell’Eurispes “i sussidi monetari, attualmente in vigore a sostegno delle famiglie, appaiono del tutto inadeguati al mantenimento dei figli”, l’arrivo del primo figlio infatti comporta in media una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica. In base al rapporto inoltre se si confronta la situazione nazionale con quella di Francia e Germania ci si accorge dell’insufficienza delle detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese: in Italia per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30mila euro il risparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500 euro, di 3000 euro in Francia e di 6000 in Germania.
Pochi investimenti nella scuola
Il Rapporto del Censis del 2006 conferma per l’Italia una tensione all’investimento sociale in istruzione più debole rispetto agli altri paesi; la spesa pubblica in istruzione sia in rapporto al pil (4,9%), sia in rapporto al totale della spesa pubblica (9,9%) sono inferiori alla media dei paesi Ocse, dove raggiungono rispettivamente le quote del 5,5% e del 13,3%.
Costo degli asili nido
Cittadinanzattiva ha condotto un’indagine sugli asili nido in Italia. Mandare un figlio all’asilo comunale costa in media 290 euro al mese, ma un bambino su tre non riesce a trovare posto. Un bambino su 3 resta fuori dall’asilo comunale, anche se, in base ai dati del ministero dell’Interno, le liste d’attesa si sono ridotte dal 36 al 31 per cento. Gli asili sono poco più di 3mila quando la legge del 1971 che li istituì ne prevedeva già 3.800 nel 1976. Cifre molto lontane dalla copertura del servizio comunale prevista al 33% entro il 2010 secondo le direttive europee.
Secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero degli Esteri in Italia il numero delle famiglie dal 1991 è salito da poco meno di 20 milioni a 21,5, allo stesso tempo però le famiglie sono sempre meno numerose. I componenti sono passati da una media di 2,8 a 2,6 ed è cresciuto il numero delle famiglie formate da una sola persona: dal ’95 al 2000 sono aumentate di 700 mila. Nel Nord-Est la diminuzione del numero dei componenti familiari è la più evidente: da 4,2 componenti nel dopoguerra a 2,5 di oggi.
Gli stranieri
Sempre il Ministero degli Esteri fa sapere che in Italia il numero degli stranieri è triplicato dal ’91. Vi sono 987mila stranieri che rappresentano il 2% della popolazione. L'effetto positivo delle migrazioni sulla popolazione è particolarmente evidente in Italia poiché la crescita naturale nel 2002 è stata negativa (-0,3), e solo l'arrivo di immigrati ha permesso di ottenere un lieve incremento della popolazione complessiva (+2,3 unità ogni 1.000 abitanti).
Età della popolazione
Le previsioni Istat dicono che attualmente l'età media degli italiani è di 41,8 anni, nel 2050 si prevede che diventi 50,5. Gli ottantenni ed oltre sono ora il 4,3% della popolazione, nel 2050 dovrebbero essere il 14,2%. Per ogni 100 bambini fra 0-14 anni, ci sono 127 anziani.
Costo delle case
Secondo uno studio commissionato al Cresme da Ancab-Legacoop per le famiglie italiane la casa impiega oltre il 40% del reddito. Una casa oggi costa 18 anni di stipendio, 9 anni se si lavora in due. Dieci anni fa in coppia ne bastavano 7 e venti anni fa 5. L’80% degli italiani vive in una casa di proprietà proprio perché vent’anni fa l’acquisto era alla portata. Per le nuove famiglie i prezzi delle case sono triplicati in 20 anni mentre il reddito medio annuo del ceto medio è solo raddoppiato. Anche gli affitti sono aumentati del 49% dal 19998 al 2004.
Il lavoro precario giovanile
Per i giovani italiani solo il 25% dei contratti a termine si trasforma in indeterminato secondo l’Isfol. Due anni fa era il 40%. I ragazzi che sotto i 25 anni riescono ad ottenere un contratto stabile è dell’11%. Marco Centra, responsabile Isfol, ha così spiegato il fenomeno: “Alle imprese non conviene più assumere i giovani perché non hanno più gli incentivi economici previsti per il contratto di formazione e lavoro mentre il ‘nuovo’ apprendistato è praticamente bloccato”. La stabilità lavorativa arriva sempre più tardi: nel 1998 si raggiungeva a 36 anni mentre ora si riesce a conquistarla solo a 38 anni.
Matrimoni in crisi
Secondo un rapporto Eures negli ultimi trent'anni i matrimoni sono diminuiti del 32,4 per cento, passando dai 373.784 del 1975 (con un indice pari al 6,7 per mille abitanti) ai 250.974 del 2005 (con un indice del 4,3). L'età media del matrimonio, negli ultimi tre decenni, è salita di 7 anni tra gli uomini e di oltre 5 per le donne. Nel 2006 lo sposo aveva in media 33,7 anni, la sposa 30,6. Separazioni e divorzi sono saliti del +59% e + 66% negli ultimi 10 anni. I matrimoni religiosi sono più "resistenti": 5,6 divorzi ogni cento matrimoni celebrati in chiesa nel 1975, contro 13,1 divorzi tra chi si era sposato civilmente. L’Istat rivela che nel 2004 erano 64mila i minori affidati dopo una separazione, il 52,9% delle separazioni avviene in una coppia che ha almeno un figlio minore.
I papà più vecchi al mondo
Secondo una ricerca Istat del 2005 gli italiani diventano padri per la prima volta mediamente a 33 anni. Rispetto agli altri Paesi, poi, le donne italiane hanno il primo figlio un anno più tardi. I giovani italiani tendono a rimanere a casa con i genitori: nella fascia 30-34 anni vive con i genitori il 40% degli uomini e circa il 20% delle donne
Bassa natalità
Il tasso di fecondità in Italia si assesta a 1,3 figli per donna, ciò la rende terzultima nella classifica europea. A fare difetto - come rileva l’Istat nel rapporto di recente pubblicazione “Essere madri in italia, anno 2005” - non è la mancanza di voglia di fare figli: il numero “atteso” di figli per le madri italiane è in media di 2,19 ma il numero effettivo nel 2005 è stato di soli 1,33. Dopo la nascita l’impatto con difficoltà economiche, di lavoro e di organizzazione si è tradotto in una rinuncia ad affrontare nuove gravidanze. Il 18,4 per cento delle madri che aveva un lavoro prima della gravidanza al momento dell’intervista lo aveva lasciato: il 5,6 per cento per licenziamento, il 12,4% si è licenziata per via degli orari inconciliabili con i nuovi impegni familiari. Il 72,5% delle mamme che continuano a lavorare dichiara di sperimentare forti difficoltà. Tra queste si registrano soprattutto i disagi legati alla cura dei figli, infatti solo il 27,8 per cento frequenta un asilo pubblico o privato mentre nel 52,3 per cento dei casi i figli vengono affidati ai nonni. Il dato interessante è che il 28,3 per cento delle madri che non si avvalgono di un asilo nido lo avrebbe fatto se non fosse così alta la retta o se avessero trovato posto.
Ritardo nelle politiche familiari
Secondo i dati Eurispes l'Italia è al penultimo posto in Europa (peggio è solo la Spagna) per le politiche familiari, cui dedica appena lo 0,9% della ricchezza nazionale, rispetto ad una media europea che supera i due punti percentuali.
Uno dei principali strumenti a sostegno della famiglia è di natura fiscale; in Italia sono previste diverse misure di detrazioni Irpef per familiari a carico (se il loro reddito complessivo è inferiore ai 2.850,41 euro) , in base al reddito del contribuente e al numero dei figli. Secondo lo studio dell’Eurispes “i sussidi monetari, attualmente in vigore a sostegno delle famiglie, appaiono del tutto inadeguati al mantenimento dei figli”, l’arrivo del primo figlio infatti comporta in media una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica. In base al rapporto inoltre se si confronta la situazione nazionale con quella di Francia e Germania ci si accorge dell’insufficienza delle detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese: in Italia per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30mila euro il risparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500 euro, di 3000 euro in Francia e di 6000 in Germania.
Pochi investimenti nella scuola
Il Rapporto del Censis del 2006 conferma per l’Italia una tensione all’investimento sociale in istruzione più debole rispetto agli altri paesi; la spesa pubblica in istruzione sia in rapporto al pil (4,9%), sia in rapporto al totale della spesa pubblica (9,9%) sono inferiori alla media dei paesi Ocse, dove raggiungono rispettivamente le quote del 5,5% e del 13,3%.
Costo degli asili nido
Cittadinanzattiva ha condotto un’indagine sugli asili nido in Italia. Mandare un figlio all’asilo comunale costa in media 290 euro al mese, ma un bambino su tre non riesce a trovare posto. Un bambino su 3 resta fuori dall’asilo comunale, anche se, in base ai dati del ministero dell’Interno, le liste d’attesa si sono ridotte dal 36 al 31 per cento. Gli asili sono poco più di 3mila quando la legge del 1971 che li istituì ne prevedeva già 3.800 nel 1976. Cifre molto lontane dalla copertura del servizio comunale prevista al 33% entro il 2010 secondo le direttive europee.