Dio esiste, parola di non credente

tratto dalla recensione di Massimo Introvigne a “Discovering God” di Rodney Stark, www.cesnur.org, dicembre 2007
Rodney Stark, uno dei più grandi sociologi viventi, ha messo a punto una monumentale opera:

Discovering God. The Origins of the Great Religions and the Evolution of Belief («La scoperta di Dio. Le origini delle grandi religioni e l’evoluzione del credere», HarperOne, New York 2007).

Proponiamo alcuni stralci della recensione di Massimo Introvigne (il testo completo è disponibile su www.cesnur.org)
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Questa opera monumentale è  destinata a fare epoca non solo per l’ambizione di portare uno sguardo sociologico sull’intera storia delle grandi religioni, dalla preistoria al fondamentalismo islamico, ma per le conclusioni cui perviene.

I preconcetti della sociologia
La sociologia della religione è stata dominata fin dalle sue origini ottocentesche dall’idea secondo cui la presenza delle religioni è destinata a diminuire mano a mano che avanzano la modernità e la scienza, di cui i primi studiosi di questa materia si consideravano gli araldi, così che si aspettavano di poter fare da notai e stendere presto o tardi l’atto di morte della religione.

Poiché le religioni tardavano a morire, le loro idee – senza cambiare nell’ispirazione generale – si sono trasformate in teorie sempre più sofisticate della «secolarizzazione». Uno dei postulati di queste teorie è che la modernità porta con sé la democrazia e la libertà religiosa, che erodono le strutture di plausibilità delle religioni. Se c’è una religione sola – ragionavano questi sociologi – è ancora possibile che qualcuno ci creda veramente. Ma se regna la libertà religiosa e ce ne sono molte, non potendo credere a tutte, si finirà per non credere a nessuna.

I fatti si sono ostinatamente rifiutati di conformarsi a queste teorie. Diffondendosi la democrazia e il pluralismo religioso le religioni non sono scomparse. Anzi, è proprio nei paesi dove ci sono più religioni – come gli Stati Uniti – che c’è anche più religione.

Finta neutralità, reale posizione ideologica
Da dove nasce la religione? O si tratta di un’invenzione umana o viene da un Dio che si rivela. Si è sempre detto che le scienze umane non si occupano delle prove dell’esistenza di Dio e non rispondono alla domanda se Dio esista o meno, perché questo sarebbe un «giudizio di valore» mentre il metodo scientifico è per definizione value-free, «indipendente dai valori».

Stark confessa di avere condiviso questa tesi per anni, ma di non essere più così sicuro che l’affermazione secondo cui le religioni ci sono perché un Dio personale si è rivelato agli uomini sia un «giudizio di valore» rispetto al quale la sociologia non ha niente da dire. Anzitutto, i sociologi hanno a lungo barato: fingendo di proporre una scienza value-free si sono in realtà schierati in modo militante per sostenere che Dio non esiste, che le religioni sono illusioni, che al massimo sono tollerabili religioni «senza Dio» come il buddhismo o il confucianesimo (delle élite) o è simpatico l’Islam perché dà noia a quell’Occidente che certi accademici amano ancora meno della religione.

Stark, per così dire, rende loro la pariglia. Se tanti sociologi, a partire dai padri fondatori della disciplina, hanno tratto dalla loro scienza argomenti contro l’esistenza di Dio, la foglia di fico della neutralità è caduta. Si può dimostrare che i loro argomenti sono sbagliati.

Le ragioni che non convincono
Le cause economiche e politiche che dovrebbero rendere ragione dell’ascesa delle religioni non sono sufficienti a spiegare fenomeni come la diffusione del cristianesimo o la vittoria del monoteismo nella storia dell’antico Israele.

Tutto lo schema evolutivo secondo cui la religione sarebbe passata da forme più primitive e caotiche di politeismo a versioni raffinate del monoteismo è falso.

Le acquisizioni archeologiche e storiche permettono al contrario di concludere che alle origini vi è il semi-monoteismo del «Dio supremo» e che il successivo fiorire del politeismo non corrisponde a uno sviluppo ma a una decadenza.

La stessa esistenza della scienza presuppone un Dio creatore
Stark fa riferimento alla polemica scientifica sul «Disegno Intelligente» – secondo cui la natura dell’universo rivelerebbe l’esistenza di un progetto e quindi di un progettista, Dio –, rilevando che la vera prova di questa tesi non è tanto offerta «dalla scienza» tramite le sue ricerche quanto «dalla stessa esistenza della scienza»: un’esistenza che è un dato sociale, e su cui il sociologo ha titolo a pronunciarsi.

La scienza è fiorita in Occidente sulla base dell’idea secondo cui – prima che arrivi lo scienziato a scoprirle – esistono nel mondo leggi che non mutano: oggi sono le stesse di ieri, e saranno le stesse domani.

È precisamente perché non crede che Dio abbia creato il mondo secondo ragione che l’Islam è rimasto ai margini dello sviluppo della scienza moderna.

«Alcuni pensatori musulmani hanno perfino negato la stessa esistenza del principio di causa e di effetto, anche riferito al solo mondo terreno, sulla base che è intrinsecamente contrario al principio dell’illimitata libertà di azione di Dio […]. Queste dottrine, che implicano l’affermazione che ogni pretesa di formulare leggi naturali è blasfema in quanto anche queste leggi limiterebbero la libertà di Allah, hanno avuto un ruolo fondamentale nel fallimento del tentativo musulmano di tenere il passo dell’Occidente».

Leggi derivanti da un “Disegno intelligente”, in natura come in ambito sociale
L’esistenza nel reale di leggi naturali – che la scienza ha puntualmente scoperto – rende invece eminentemente plausibile l’esistenza di un Disegno intelligente di Dio: in effetti, una «variazione infinitesimale» delle componenti fondamentali dell’universo, come gli scienziati hanno dimostrato, lo renderebbe caotico e inintelligibile e le possibilità che l’universo si sia disposto così per caso rasentano l’impossibilità.

Se questo è l’argomento classico degli scienziati sostenitori del Disegno intelligente, anche lo scienziato sociale trova nella storia delle società «leggi» e regolarità che vanno precisamente nella stessa direzione. Così, anche il sociologo – argomentando pure dalle «leggi» che regolano lo sviluppo e la diffusione delle religioni, che avviene nel corso dei millenni con sorprendente regolarità – può arrivare secondo un suo percorso ad affermare il Disegno intelligente.
E può fare di più. Una volta indicata come plausibile l’esistenza di un Dio che si rivela può costruire un percorso sociale di questa divina rivelazione, che mostra come assai credibile l’antica ipotesi teologica secondo cui la rivelazione è progressiva e tiene conto delle capacità di ricevere rivelazioni che l’umanità manifesta nelle varie epoche storiche, che sono talora di sviluppo della ragione, talaltra di decadenza e di crisi.

Lo sviluppo della Rivelazione
Stark torna così esplicitamente a Giambattista Vico (1668-1744) e all’idea di una «rivelazione primordiale» le cui vestigia si trovano nelle antichissime teologie del «Dio supremo», cui segue una decadenza.

Dalla storia della rivelazione progressiva di Dio – e qui Stark consapevolmente si avventura su un terreno teologico, rivendicando peraltro il carattere perfettamente «scientifico» della teologia – si devono escludere i sistemi religiosi dell’Oriente, che non affermano di essere basati su una rivelazione ma sulle intuizioni di saggi (i quali, peraltro, hanno potuto scoprire qualche verità grazie alla ragione).

Dopo un possibile ma dubbio prologo con il faraone Akhenaton – la cui rivelazione è sì monoteistica ma «trova una base per rifiutarla come autentica nel fallimento del suo tentativo di produrre effetti di lunga durata» – la storia della rivelazione per Stark inizia con la vittoria del monoteismo all’interno dell’ebraismo, al quale avviene peraltro non senza «una qualche interazione con lo zoroastrismo» durante la cattività babilonese degli Ebrei. Zoroastro (parzialmente), gli autori di quello che per i cristiani è l’Antico Testamento e gli scrittori neo-testamentari costituiscono per Stark – insieme alle ignote ma spesso geniali personalità religiose che conservarono e diffusero brandelli della rivelazione primordiale, resistendo a lungo al politeismo – le tappe di una storia in cui Dio progressivamente si rivela.

Regressione religiosa nell’islamismo
La domanda è inevitabile: in questa storia dove si colloca l’Islam? Per i musulmani la risposta è chiara: l’islam è il vertice e la conclusione di tutte le rivelazioni. Per Stark la risposta non è meno tranchant: a prescindere dalla «sincerità di Muhammad», un problema che è estraneo al nocciolo della questione, «la fede rivelata nel Corano è moralmente e teologicamente regressiva».

Rispetto ai monoteismi precedenti, la nozione musulmana di Dio – «imprevedibile e così inconoscibile che non si può neppure dare per scontato che sia ragionevole o virtuoso» – rappresenta una fase di decadenza. Pertanto nel modello di Stark «è inappropriato includere l’Islam nel novero centrale delle religioni che risultano da un’autentica ispirazione di Dio», il che non esclude che – come ogni impresa umana – l’Islam possa includere anche elementi umanamente degni di stima.

Le conclusioni di Stark: negare l’esistenza di Dio è un atto di fede (laica)
Ma «tutta questa discussione su un nucleo centrale di religioni davvero ispirate è basata sull’assunzione che Dio esista. Se Dio non esiste, non c’è nessuna religione ispirata», il che rende puerili certe difese d’ufficio dell’Islam da parte di accademici occidentali atei. Ma per Stark lo studio della sociologia, come di ogni scienza, permette di concludere che è eminentemente plausibile che Dio esista. Per negare quanto sembra evidente ci vuole, paradossalmente, un atto di fede (atea) e – scrive il sociologo – «non sono più sufficientemente arrogante o ingenuo per pronunciare questo atto di fede».