Consigli per scrivere lettere a giornali

documentazione.info
Offriamo alcuni consigli su come scrivere lettere ai giornali per essere pubblicati. Tali lettere, anche se non pubblicate, vengono prese in considerazione ed evidenziano comunque un punto di vista rappresentivo dell'opinione pubblica. Sicuramente il materiale offerto da documentazione.info potrà stimolarti ad intervenire in diverse occasioni.

RISPETTOSA
Anche se chi scrive è indignato, le persone a cui si rivolge sono indaffarate, probabilmente non direttamente responsabili dell’opinione in discussione, stanno esercitando il loro lavoro professionale, e così via… Non va messo il direttore in condizione di dover difendere un suo giornalista. E’ giusto, malgrado tutto, presuppore la buona fede. Perciò: rispetto.

BREVE
Più breve è la lettera più ha probabilità di essere pubblicata e di essere letta.

UN CONCETTO SOLO
Spesso il desiderio è di difendere una causa che ha tanti aspetti. Occorre invece scegliere un solo concetto e spiegarlo bene, con poche parole e semmai con qualche accenno spiritoso.

SPIRITO POSITIVO
Non è detto che si debba scrivere solo per protestare. È anche utile ringraziare un giornalista per un buon articolo, o per un buon concetto espresso. La sottolineatura del lettore servirà a consolidare l'opinione su quell'argomento.



ESEMPIO DI LETTERA

Lettera pubblicata il 18.9.09 sul Corriere della Sera

Caro Direttore,

prendo spunto dall’intervento sul testamento biologico che Giovanni Sartori ha fatto ieri con il suo inconfondibile stile. Il professore, pur fornendo una forte critica alla Chiesa, a ben guardare sembra piuttosto d'accordo con ciò che Essa dice. Ne è un segnale il passaggio in cui invoca il “diritto di morire”: subito dopo sente il bisogno di specificare tra parentesi “di morte naturale”, per la ripugnanza immediata che provoca affiancare le due parole. La morte non è un diritto ma la fine. Anticipare la morte (l'eutanasia) o prolungarla inutilmente (accanimento terapeutico), sono pratiche contrarie alla natura dell’uomo. La Chiesa vuole ricordare proprio questo: il valore che ha la vita umana anche negli ultimi momenti. Non vuole scavalcare la volontà del moribondo. Vuole solo impedirgli gesti contro il suo bene (così come lo Stato non calpesta la libertà del suicida quando vieta il gesto estremo). D’altronde non si vede perché la Chiesa non dovrebbe dire la sua: se non intervenisse su una questione come la fine della vita, ci si chiede su cosa potrebbe mai intervenire. Il prestigio indiscutibile della penna scaccia immediatamente il sospetto di un articolo-pretesto per alzare l’ennesimo polverone. Ma qui c’è il rischio di lasciare fuori, ancora una volta, il problema vero: quelle “inutili sofferenze e agonie”, menzionate dal professore, che nessuno vorrebbe subire in punto di morte. Allora, invece di perdersi dietro a un fantomatico ring tra Chiesa e Stato, perché non destinare più spazi mediatici a cose serie? Ad esempio facendo conoscere quell’universo semisconosciuto in Italia delle cure palliative, che da anni si occupa di questo. In una cosa ha ragione Sartori: c’è un “fideismo che acceca la ragione”. Ma non è della Chiesa. È la deriva mediatica che continua a farci credere che ad ogni questione corrisponda uno scontro tra fazioni. E il bene degli italiani ci va di mezzo.

Bruno Mastroianni
 
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