di Riccardo Cascioli, il Timone n. 50, febbraio 2006
Metà dicembre 2005, in Inghilterra: sul canale radiofonico 5 della BBC si parla della nuova legge che consente le adozioni a coppie gay. Tra gli intervenuti una scrittrice cattolica, Lynette Burrows, che spiega con chiarezza i motivi della sua contrarietà. Un ascoltatore, James Miller, la denuncia alla polizia metropolitana che quindi le fa visita e — sono parole della Burrows — un agente le fa «una lezione sui suoi commenti omofobici». Alle lamentele della scrittrice, che non si capacita del perché la polizia perda tempo in quel modo, l’agente le risponde che «ogni segnalazione riguardo l’omofobia è attualmente una priorità per la polizia alla stregua di ogni segnalazione riguardo offese alle minoranze etniche». Passano pochi giorni e nella contea del Lancashire una coppia di settantenni riceve in casa la visita di due poliziotti che per 80 minuti li costringono ad ascoltare una severa lezione sulla loro omofobia. La loro colpa? Essersi lamentati in Comune perché nei locali pubblici di quella amministrazione si distribuiva materiale di propaganda di gruppi militanti gay. Intanto in quella contea, fa notare il Daily Mail, nel 2005 i crimini sono aumentati del 17%.
Mezzi e strategie della lobby
È quello che un quotidiano britannico ha chiamato «l’Inquisizione inglese», ma non è un fenomeno soltanto locale. Anzi, è il clima generato da una campagna internazionale che va avanti da anni e che è condotta da potenti lobby gay che si avvalgono della consulenza di esperti avvocati e specialisti di diritto internazionale.
La strategia è quella di inserire in documenti internazionali delle formule che leghino le scelte sessuali ai diritti umani, oppure di creare interpretazioni artificiose di vecchi trattati o convenzioni.
Scopo finale è quello di sostituire la tradizionale divisione in sessi (maschile e femminile) con gli orientamenti sessuali, tanto che già alla Conferenza Onu di Pechino sulla donna (1995) si cercò di introdurre il riconoscimento di 5 generi: maschile, femminile, omosessuale maschile, omosessuale femminile e transessuale.
Pressioni sull’Onu
Un esempio chiarissimo è la risoluzione presentata per la prima volta nell’aprile 2003 dal Brasile alla Commissione Onu per i diritti umani (ma sulla spinta dell’International Gay and Lesbian Human Rights Commission — IGLHRC) questa fa addirittura riferimento al «principio di non discriminazione» affermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 per esprimere la condanna «delle violazioni dei diritti umani sulla base degli orientamenti sessuali» e chiedere alle istituzioni internazionali e ai singoli governi di «prestare la massima attenzione» a questo tipo di violazioni. Significativamente, la risoluzione parla della «educazione ai diritti umani» come «la chiave per cambiare atteggiamenti e comportamenti» di fronte agli orientamenti sessuali.
Pressione sui singoli governi e lotta alla Chiesa
Tra le armi da usare c’è quella della pressione politica ed economica sui singoli governi: un deputato americano, Barney Frank, ha addirittura presentato una mozione al Congresso per rifiutare il sostegno a un accordo commerciale con l’Egitto a causa della discriminazione contro gli omosessuali. Ancora nell’agosto del 2003, alle Nazioni Unite un incontro fu organizzato dalla UN Gay, Lesbian or Bisexual Employees (UNGLOBE - Dipendenti Gay, Lesbiche o Bisessuali dell’ONU), per individuare gli obiettivi immediati da raggiungere. All’incontro — cui non ha mancato di portare un saluto il segretario generale Kofi Annan, che ha espresso sostegno per la causa — si è individuato nelle religioni, e in particolare nella Chiesa cattolica, i nemici da abbattere.
Influenza sull’Unione Europea
Non si può infine dimenticare l’organizzazione storica del movimento omosessuale, ovvero l’lnternational Lesbian and Gay Association (ILGA), presente in 90 Paesi con oltre 400 organizzazioni affiliate. È proprio questo movimento ci porta a spostare l’attenzione verso l’Unione Europea dove l’ILGA può contare su una presenza ben radicata e una importante influenza sull’Intergruppo Europarlamentare di Gay e Lesbiche, molto attivo nel proporre risoluzioni in linea con gli obiettivi sopra descritti, dai matrimoni tra persone dello stesso sesso alle adozioni per coppie gay. I risultati stiamo cominciando a vederli.
Mezzi e strategie della lobby
È quello che un quotidiano britannico ha chiamato «l’Inquisizione inglese», ma non è un fenomeno soltanto locale. Anzi, è il clima generato da una campagna internazionale che va avanti da anni e che è condotta da potenti lobby gay che si avvalgono della consulenza di esperti avvocati e specialisti di diritto internazionale.
La strategia è quella di inserire in documenti internazionali delle formule che leghino le scelte sessuali ai diritti umani, oppure di creare interpretazioni artificiose di vecchi trattati o convenzioni.
Scopo finale è quello di sostituire la tradizionale divisione in sessi (maschile e femminile) con gli orientamenti sessuali, tanto che già alla Conferenza Onu di Pechino sulla donna (1995) si cercò di introdurre il riconoscimento di 5 generi: maschile, femminile, omosessuale maschile, omosessuale femminile e transessuale.
Pressioni sull’Onu
Un esempio chiarissimo è la risoluzione presentata per la prima volta nell’aprile 2003 dal Brasile alla Commissione Onu per i diritti umani (ma sulla spinta dell’International Gay and Lesbian Human Rights Commission — IGLHRC) questa fa addirittura riferimento al «principio di non discriminazione» affermato dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 per esprimere la condanna «delle violazioni dei diritti umani sulla base degli orientamenti sessuali» e chiedere alle istituzioni internazionali e ai singoli governi di «prestare la massima attenzione» a questo tipo di violazioni. Significativamente, la risoluzione parla della «educazione ai diritti umani» come «la chiave per cambiare atteggiamenti e comportamenti» di fronte agli orientamenti sessuali.
Pressione sui singoli governi e lotta alla Chiesa
Tra le armi da usare c’è quella della pressione politica ed economica sui singoli governi: un deputato americano, Barney Frank, ha addirittura presentato una mozione al Congresso per rifiutare il sostegno a un accordo commerciale con l’Egitto a causa della discriminazione contro gli omosessuali. Ancora nell’agosto del 2003, alle Nazioni Unite un incontro fu organizzato dalla UN Gay, Lesbian or Bisexual Employees (UNGLOBE - Dipendenti Gay, Lesbiche o Bisessuali dell’ONU), per individuare gli obiettivi immediati da raggiungere. All’incontro — cui non ha mancato di portare un saluto il segretario generale Kofi Annan, che ha espresso sostegno per la causa — si è individuato nelle religioni, e in particolare nella Chiesa cattolica, i nemici da abbattere.
Influenza sull’Unione Europea
Non si può infine dimenticare l’organizzazione storica del movimento omosessuale, ovvero l’lnternational Lesbian and Gay Association (ILGA), presente in 90 Paesi con oltre 400 organizzazioni affiliate. È proprio questo movimento ci porta a spostare l’attenzione verso l’Unione Europea dove l’ILGA può contare su una presenza ben radicata e una importante influenza sull’Intergruppo Europarlamentare di Gay e Lesbiche, molto attivo nel proporre risoluzioni in linea con gli obiettivi sopra descritti, dai matrimoni tra persone dello stesso sesso alle adozioni per coppie gay. I risultati stiamo cominciando a vederli.
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